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                gini su Proto e Massimi . Quest’ultimo riuscì però a evitare che si
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                avviassero quelle nei suoi confronti e rientrò a Catania, dove morì
                poco dopo (agosto 1633), mentre il vescovo di Agrigento «componió
                con la Cámara [apostólica] en ocho mil ducados, y se volvió a su
                Iglesia» , lasciando come unico imputato l’arcivescovo di Messina.
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                   La nomina del commissario apostolico Cellesi fu molto contrastata
                e diede luogo a uno scontro tra i funzionari della Monarchia coinvolti
                nella questione: da una parte il viceré Albuquerque e i ministri sici-
                liani, in primo luogo il giudice della Regia Monarchia Pedro de Neyla,
                nemico personale dell’arcivescovo di Messina; dall’altra l’ambascia-
                tore  ordinario  a  Roma,  cardinale  Borja,  il  presidente  del  Consiglio
                d’Italia, conte di Monterrey (che dal 1628 al 1631 fu anche amba-
                sciatore straordinario a Roma) , e il “viceré-ombra” di Sicilia, il po-
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                tentissimo  cardinale  Doria  (che  con  Borja  era  imparentato) .  Era
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                stato proprio quest’ultimo, sulla base di «avisos que se me embían de
                Roma y de persona de consideración», a informare il valido Olivares
                che «de aquella corte se ha determinado de embiar visitador apostó-
                lico a este Reyno para toda la gente ecclesiástica, ansí para saver las
                rentas ecclesiásticas del Reyno como para las costumbres personales
                y administración de la justicia y gobierno» . Non ostante l’ambascia-
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                tore Borja si lamentasse con Albuquerque dei gravi inconvenienti che
                ciò avrebbe comportato per la giurisdizione del Tribunale della Regia
                Monarchia, «el qual como a V.E. es tan notorio es aquí [en Roma] tan
                odiosso y mal visto que harán quanto pudieren para deshazerle, o
                por lo menos diminuirle», il viceré era costretto ad ammettere che a
                lui come agli altri ministri del regno sembrava «necessario y forzoso
                el visitador, y que sin él no podían tener castigo los excessos destos
                prelados» .
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                   57  Le diocesi di Martirano e di Oppido, cosi come quella di Capri menzionata per la
                controversia catanese del 1587, ricadevano nei confini del regno di Napoli e non erano
                naturalmente soggette al regio patronato, ma direttamente alla Santa Sede.
                   58  Discurso, c. 11r.
                   59   Á.  Rivas   Albadalejo,  La  embajada  extraordinaria  del  VI  conde  de  Monterrey  en
                Roma (1628-1631). Instrumentos de delegación del poder real y líneas generales de su
                actuación política, in D. Aznar, G. Hanotin, N.F. May (eds.), À la place du roi. Vice-rois,
                gouverneurs  et  ambassadeurs  dans  les  monarchies  française  et  espagnole  (XVI e -XVIII e
                siècles), Casa de Velázquez, Madrid, 2015, pp. 87-110.
                   60  F. D’Avenia, Giannettino Doria cit., pp. 78, 139.
                   61  Ags, Sp, libro 722, cc. 279v-280v, cardinale Doria a Olivares (Palermo, 13 luglio
                1630).
                   62  Ivi, cc. 274r-278r, consulta del Consiglio d’Italia (Madrid, 30 settembre 1630).



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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