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«Absolutamente no entra obispo si no el que presenta y nombra su Magestad»... 331
sarebbe stato legittimo convocare i tre vescovi a Roma solo per gravi
delitti criminali, come eresia e lesa maestà, che erano riservati al papa
assieme alla facoltà di privazione della diocesi . Proprio per garantire
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il rispetto dell’obbligo di residenza e mettere i vescovi al riparo
dall’«odio y bengança» di alcuni dei loro fedeli, il Concilio aveva stabi-
lito che i processi in cui fossero stati imputati si celebrassero «en la
dicha Provincia y Reyno» da parte di metropoliti, nunzi o legati
(quest’ultimo era il caso siciliano) e concili provinciali : interpreta-
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zione per lo meno parziale del controverso decreto che non era arrivato
di fatto, come sottolineato nello stesso Discurso, a stabilire la residenza
episcopale come obbligo de iure divino .
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In ogni caso, nulla di tutto ciò si era applicato ai tre vescovi di Mes-
sina, Catania e Agrigento, anzi essi erano stati convocati in Curia
por antojo de un ministro de Roma por torcidor de que aquel obispo acude al
servicio del Rey en cosa que no perjudica a la iglesia (como [h]a sucedido al
Arçobispo de Mecina) […] sin más ni más, valiéndose desto por pretestos y
capa, con una carta misiba que escriva un ministro del Pontífice a qualquier
obispo en dos renglones diciendo: V.S. se parta luego de su obispado y venga
en Roma que ansí lo manda su Santitad, y esto sin saberlo el rey, ni sus mi-
nistros y sin presentarse la dicha carta al exequatur, y después plantarle otro
obispo con título de vicario apostólico, es cosa que ni el derecho divino, posi-
tivo, ni político lo permite 73 .
C’era in realtà molto di più, soprattutto in merito alle indagini
sull’arcivescovo di Messina: per un anno lo avevano trattenuto a Roma
70 Su questo, cfr. E. Bonora, Giudicare i vescovi. La definizione dei poteri nella Chiesa
postridentina, Laterza, Roma-Bari, 2007, pp. 150-164, 179-195, 207-213.
71 Anche in questo caso il privilegio della Legazia apostolica “differenziava” la Chiesa
siciliana, impedendo, per lo meno di fatto, la convocazione dei suddetti concili, che riu-
nivano il clero della sede metropolitana e delle sue suffraganee: F. D’Avenia, La Chiesa
del re cit., p. 126. Una ventina ne furono celebrati invece nel regno di Napoli nel qua-
rantennio successivo al Concilio di Trento. Seguì «una lunga stasi seicentesca», inter-
rotta solo nel 1699 da un altro concilio della provincia ecclesiastica di Napoli. Un’ana-
loga stagione di fioritura conciliare, che coinvolse la sede di regio patronato di Vigevano,
si ebbe nella Milano di Carlo Borromeo con sei adunanze tra il 1565 e il 1582, cui ne
seguì però solo un’altra (1609): G. Greco, La Chiesa in Italia nell’età moderna, Laterza,
Roma-Bari, 1999, p. 6, integrato per il regno di Napoli con P. Caiazza, Tra Stato e Papato.
Concilî provinciali post-tridentini (1564-1648), Herder, Roma, 1992, p. 66. In generale,
comunque, «dalla conclusione di Trento alla promulgazione del codice di diritto canonico
del 1917, è possibile contare circa 250 concili provinciali per le 90 province ecclesiasti-
che che esistevano all’epoca di Trento e questo dato rappresenta circa il 2% dei concili
che sarebbero dovuti essere convocati»: M.T. Fattori, Sinodi, assemblee, convegni eccle-
siali, in A. Melloni (a cura di), Cristiani d’Italia. Chiese, società, stato, 1861-2011, Istituto
dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 2011, p. 1023.
72 R. Po-chia Hsia, La Controriforma. Il mondo del rinnovamento cattolico, il Mulino,
Bologna, 2009 (II edizione), pp. 26-27, 33-34; A. Prosperi, Il Concilio di Trento: una intro-
duzione storica, Einaudi, Torino, 2001, pp. 81-85.
73 Discurso, c. 6v.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)