Page 104 - Rivista58_BR_con_cop
P. 104
330 Fabrizio D’Avenia
Magestad» . Non solo, ma negli stessi «Reynos de España, Sicilia, In-
65
dias, y otros estados [...] no hay aún ejemplo ni olor de semejante in-
trodución» di vicari apostolici . Era questa un’interessante combina-
66
zione tra l’isola della Legazia apostolica e il Nuovo mondo, uniti sotto
la comune appartenenza politica alla Monarchia cattolica, confermata
a distanza di secoli da Von Pastor, quando affermò che «fa riscontro al
patronato spagnuolo in America la teoria della “Monarchia Sicula”» .
67
Fallito il tentativo tridentino di ridimensionamento del patronato regio,
i pontefici avevano quindi non solo escogitato l’escamotage dell’invio
dei vicari apostolici, ma miravano a farne pagare i costi alla diocesi
interessata, assegnando sulle sue rendite una pensione a loro favore,
«bautizandola salario, y el obispo que proveyó el rey con tanto acuerdo
viene a quedar arrimado a una parte» 68 .
Era esattamente ciò che stava accadendo in Sicilia con
arrimar los obispos pastores y estraellos de sus iglesias y govierno y plantar
otros mercenarios con título de vicario apostólico, y quitando indirecte el Pa-
tronazgo del Rey, y tener ministros suyos y Nuncios en Sicilia con el mismo
título de vicario en perjuicio de la legacía 69 .
Come proseguiva il Discurso, attraverso la nomina di vicari aposto-
lici la Santa Sede aveva messo in discussione tre pilastri del diritto: i
sacri canoni (compresi gli stessi decreti tridentini), l’istituto dell’exe-
quatur e il privilegio della Legazia apostolica. In forza dei primi, infatti,
65 Ibidem. Il Concilio non poteva di fatto riuscire a «riformare radicalmente la proce-
dura di provvisione e nomina dei benefici maggiori [i vescovati innanzi tutto] perché
questa era legata a questioni politiche»: M. Faggioli, La disciplina di nomina dei vescovi
prima e dopo il concilio di Trento, «Società e Storia», 92 (2001), p. 239. Non è un caso che
la cosiddetta “riforma dei principi”, dibattuta nell’ultima fase dell’assemblea tridentina,
«niente affermava […] circa il diritto delle autorità secolari di nominare gli ecclesiastici
di rango elevato»: J.W. O’Malley, Trento. Il racconto del Concilio, Vita e Pensiero, Milano,
2013, p. 202; cfr. anche pp. 200-201, 205-206; G. Alberigo et al. (a cura di), Conciliorum
Oecumenicorum Decreta, Edizioni Dehoniane, Bologna, 2002, pp. 795-796. Per una bi-
bliografia sulla riforma dei principi e il suo sostanziale fallimento, cfr. F. D’Avenia, Poli-
tical Appointment and Tridentine Reforms: Giannettino Doria, Cardinal Archbishop of Pa-
lermo (1608-1642), in W. François, V. Soen (eds.), The Council of Trent: Reform and Con-
troversy in Europe and Beyond (1545-1700), vol. II: Between Bishops and Princes, Van-
denhoek & Ruprecht, Göttingen, 2018, p. 297.
66 Venezia, Toscana, Savoia e altri «potentados» non permisero nemmeno «en la boca
se tomase tan semejante platica», sebbene dentro il loro confini non fossero comprese
diocesi di patronato regio, e per di più non consentivano al pontefice di nominarvi ve-
scovi stranieri, garantendosi in tal modo la piena fedeltà dai presuli eletti: Discurso, cc.
3v-4r.
67 L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, vol. XIII, Desclée & C. Editori
Pontifici, Roma, 1961, p. 734.
68 Discurso, c. 2v.
69 Ivi, c. 4rv. L’assenza di un nunzio pontificio in Sicilia era un’altra importante dif-
ferenza in termini di legami con la Sede romana rispetto al regno di Napoli.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)