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                alcuni risultati apprezzabili. Se il vero salto di qualità non c’è stato,
                ciò è dovuto ai molteplici condizionamenti di tipo sociale più che eco-
                nomico: quella di Galasso è in realtà una lezione di storicizzazione,
                che va ben oltre stereotipi, astrazioni e luoghi comuni. E il problema
                dello sviluppo del Regno era ben chiaro alla coscienza dei contempo-
                ranei: in Antonio Genovesi e Giuseppe Maria Galanti, in particolare;
                ancora nell’Ottocento, Francesco Saverio Nitti, nel dare un giudizio
                sul  regime  borbonico  e  le  condizioni  del  Mezzogiorno  preunitario,
                parlava di «finanza avveduta ed economia statica» . Il ragionamento
                                                                 10
                di Galasso tende in questo modo a riportare alle radici preunitarie il
                minore sviluppo del Mezzogiorno .
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                   C’è poi la storia istituzionale del Regno, ed è più che opportuno
                collegare l’analisi della società meridionale moderna al discorso sulle
                istituzioni. Va rilevata, in particolare, la coesistenza di modernità e
                premodernità nell’amministrazione napoletana. Lungo la prima linea
                scorrono l’articolazione dell’amministrazione, il potenziamento del-
                l’apparato burocratico, l’attivazione di più adeguati strumenti di ac-
                centramento  politico-amministrativo;  lungo  la  seconda,  la  venalità
                degli uffici, la confusione di poteri, la sovrapposizione di giurisdizione
                e amministrazione, le spinte dei privilegi. L’ordinamento ha influen-
                zato non poco la dinamica sociale; e la società, con le sue stratifica-
                zioni, è entrata prepotentemente nelle istituzioni .
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                   Infine, la prospettiva culturale, intendendo per ‘cultura’ non solo
                lo sviluppo delle idee, degli uomini e degli istituti che le hanno pro-
                mosse, ma anche la loro maggiore o minore capacità di trasformarsi
                in forze morali, in grado di incidere sulla vita civile, contribuendo a
                costruirne identità e senso di appartenenza. Dal Rinascimento, con
                forza sempre maggiore, è andata affermandosi la partecipazione del
                Mezzogiorno all’Italia e all’Europa. E il Regno come problema storio-
                grafico è stata una delle testimonianze del contributo offerto dalla
                cultura  napoletana;  ad  esempio,  con  Giovanni  Antonio  Summonte
                nei primi del Seicento, con cui si afferma per la prima volta una con-
                cezione ‘nazionale’ della storia del Regno di Napoli che, sia pure con
                accentuazioni diverse, sarebbe stata ripresa e valorizzata da Pietro


                   10  Ivi, pp. 289, 589.
                   11  Com’è noto, esistono due scuole di pensiero sulle radici della questione meridio-
                nale. La prima, rappresentata in particolare da Paolo Malanima, vede l’approfondirsi del
                divario fra Nord e Sud del paese solo dopo il 1880; la seconda, con Giuseppe Galasso,
                lo considera precedente. Cfr. P. Malanima, Risorse, popolazioni, redditi: 1300-1861, in
                P. Ciocca, G. Toniolo (a cura di), Storia economica d’Italia, 1. Interpretazioni, Laterza,
                Milano-Roma-Bari, 1999, pp. 43-118; G. Galasso, Storia del Regno di Napoli cit., vol. VI,
                Società e cultura del Mezzogiorno moderno, pp. 291-599.
                   12  G. Galasso, Storia del Regno di Napoli cit., vol. VI, Società e cultura del Mezzogiorno
                moderno, pp. 603-1005.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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