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                e incombenze terrene, fino alla scelta di prendere i voti, compiuta in
                età avanzata .
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                   Le nobili vedove con figli dovevano preservare il patrimonio, tra-
                smettere agli eredi l’identità sociale della propria famiglia e di quella
                del marito , contemplare l’ipotesi che l’erede morisse minorenne. Nel
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                1375 Alaxina, vedova di Giovanni de Lombardo, dettò testamento cir-
                condata da frati francescani, nella cui chiesa voleva essere sepolta. Se
                il figlio Aloisio, erede universale, fosse morto in minori etate i beni sa-
                rebbero stati venduti e il ricavato sarebbe stato donato ai poveri per
                l’anima  di  Alaxina.  Scelse  come  esecutrici  testamentarie  la  sorella
                Guida e la cognata Fina, fece legati a donne della sua famiglia, segno
                di una chiara solidarietà femminile .
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                   Secondo le consuetudini di Palermo, quando il marito moriva inte-
                stato o non dava precise disposizioni la vedova poteva essere tutrice
                dei figli, «nulla iuris observantia perquisita», se era «honesta et dili-
                gens» e finché non si fosse risposata. Se non assumeva la tutela poteva
                educare i figli, ricevendo dal tutore il sostentamento necessario . Nel
                                                                              78
                1375 il nobile Tommaso Stagno nominò Graziona de Chillino tutrice
                «persone et bonorum» della figlia Galvagnella «donec vitam vidualem
                servaverit», se si fosse risposata la tutela sarebbe passata alla nonna
                paterna  Galvagna .  Nel  1398  Graziona  non  viene  più  identificata
                                  79
                come vedova di Tommaso, ma come sorella di Chillino de Chillino, so-
                stenitore di re Martino I di Sicilia .
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                   Assunse la tutela delle figlie Ginevra Doria, vedova di Dino de Pam-
                para, giudice della Magna Regia Curia, sposata secondo lo ius latino-
                rum, regime poi adottato anche dai figli. Ginevra vendette capi di be-
                stiame  per  dotare  la  figlia  Caterinella,  puella  vergine,  che  nel  1374
                promise in sposa a Bertino de Imperatore, e s’impegnò a consegnare
                entro un anno 100 onze in denaro, 150 in corredo e oggetti preziosi,
                50 in bovini . Nel 1377 la vedova difese in tribunale, anche a nome
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                della figlia minore Libisenda, il possesso di un terzo del tenimentum La
                Gisana, che aveva ereditato dalla sorella Lionetta, vedova di Aloysio de


                   75  Asp, N, reg. 1079, Giovanni Pietro Grasso, s.n. Poi la badessa confermò l’autoriz-
                zazione (20 marzo 1482).
                   76  A. Levy, Last Rites: Mourning Identities, in Ead. (a cura di), Widowhood and Visual
                Culture cit., p. 255.
                   77  Asp, Sn, 85, Nicola de Brixia, cc. 88v-89v.
                   78  V. La Mantia, Antiche consuetudini cit., p. 194.
                   79  Asp, Sn, 85, Nicola de Brixia, cc. 81v-83r. Nel 1368 Graziona, orfana di padre, era
                stata dotata dalla madre Adelicia (P. Sardina, Palermo e i Chiaromonte: splendore e tra-
                monto di una signoria, Salvatore Sciascia Editore, Catanissetta-Roma, 2003, p. 202).
                   80  Ead. (a cura di), Registri di lettere e atti (1395-1410), Municipio di Palermo, Pa-
                lermo, 1994, (Acta Curie Felicis Urbis Panormi, 11), doc. 11. Sui Chillino, cfr. Ead.,
                Palermo e i Chiaromonte cit., pp. 201-208.
                   81  Ivi, pp. 116-120. Lo sposo costituì un dotario di 50 onze.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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