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Tra cielo e terra: la condizione vedovile a Palermo nel tardo medioevo   255


                    moglie di Lorenzo Purchelli, le aveva restituito i 58 tarì ricevuti in pre-
                    stito da Ruggero e le ridiede i preziosi oggetti presi in pegno, esibendo
                    nuovamente come prova il quaderno del marito «scripto manu sua pro-
                    pria» 100 . Oltre a salvare la bottega, Caterina affittò per un anno a Mat-
                    teo Fugardo e Francesco de Astrictis la taverna di Porta Patitelli, con
                    tutta l’attrezzatura, per 3 onze 101 . Il cosiddetto «sexus femminei impe-
                    dimentum» non le precluse la possibilità di gestire i beni del marito e
                    la tutela della figlia. Come le vedove genovesi, che affidavano a un pro-
                    curatore il compito di amministrare i beni dei mariti ubicati al di fuori
                    di Genova o, addirittura, nelle colonie, 102  nel 1361 Caterina nominò
                    procuratore il notaio Guglielmo de Maniscalco affinché si recasse a
                    Ciminna, per recuperare le 8 onze prestate dal marito a Nino Pani e
                    Vinu. Precisò che «propter debilitatem sexus et persone personaliter
                    intendere et superesse non potest peticione dicta pecunia». Resta da
                    capire se Caterina abbia abortito o partorito il figlio che aspettava e,
                    in questa seconda ipotesi, quando sia morto, dato che nominò il pro-
                    curatore solo per sé e per la figlia Luckina 103 .
                       Altrettanto combattiva fu Suriana, figlia di Bertino de Lombardo,
                    che sposò Colo La Grua, mercante pisano giunto a Heraclia (Gela) negli
                    anni ’30 del Trecento, trasferitosi poi a Palermo. Nel 1345 Colo aveva
                    già acquisito la cittadinanza, forse grazie al matrimonio con Suriana.
                    Il mercante morì nell’estate del 1348 e lasciò tutti i beni ai figli Barto-
                    lomeo e Bertino. Volle essere sepolto a Pisa, nella chiesa di San Nicola,
                    con l’abito degli agostiniani, e la moglie figura fra gli esecutori testa-
                    mentari. Suriana, che aveva perso anche il padre, si rimboccò le ma-
                    niche e nominò procuratore Vanni de Campo per riscuotere a Pisa ciò
                    che le spettava, in base al testamento del marito. Non si risposò e si
                    occupò del patrimonio familiare. Nel 1382 concesse per tre anni un
                    terreno,  con  la  clausola  che  si  dovessero  piantare  150  olivi,  per
                    un’onza annua e una parte delle olive. Morì prima del 27 novembre
                    1385, quando il figlio Bertino testimoniò che la defunta domina aveva
                    ricamato amicabiliter perle negli indumenti di Nico de Mayda, nipote
                    di Guida, vedova di Benedetto de Lombardo. Suriana influenzò Ber-
                    tino, che portava il nome del nonno materno e preferì la spiritualità
                    francescana  dei  Lombardo  a  quella  agostiniana  del  padre.  Da  mer-
                    cante si trasformò in cavaliere, come i Lombardo, e combatté per il re
                    fino a diventare barone di Carini nel 1397 104 .




                       100  Ivi, c. 67v. (13 febbraio 1352).
                       101  Ivi, cc. 149v-150r (31 agosto 1352).
                       102  G. Petti Balbi, Donna et domina cit., p. 169.
                       103  Asp, N, reg. 121, Bartolomeo de Bononia, cc. 11r-12r.
                       104  P. Sardina, Palermo e i Chiaromonte cit., pp. 239-252.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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