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Tra cielo e terra: la condizione vedovile a Palermo nel tardo medioevo   251


                    Goffridono . I Pampara abitavano alla Kalsa, accanto allo Steri dei
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                    Chiaromonte, signori di Palermo, con i quali ebbero stretti legami. Nel
                    1381 Dino de Pampara junior, figlio di Ginevra e Dino senior, sposò
                    Colta de Michaele con una dote di 337 onze e un dotario di 40. Nel
                    1395 Enrico Chiaromonte inviò Dino junior da Gian Galeazzo Visconti,
                    duca di Milano, per chiedere denaro e soldati; la città lo mandò da
                    Martino I nel 1392, dopo la decapitazione di Andrea Chiaromonte, e
                    nel 1397, dopo la resa di Enrico Chiaromonte ;  il re lo incluse tra i
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                    suoi familiares. A causa dei debiti, Dino fu rinchiuso nel Castello a
                    mare di Palermo e nel 1398 la moglie Colta ottenne la dissoluzione del
                    matrimonio e la divisione dei beni tra lei e la suocera. Gli immobili
                    valevano 439 onze, Colta ebbe due terzi, Ginevra un terzo. Fu escluso
                    dalla divisione il dotario di Ginevra, che consisteva in una vigna a Fal-
                    somiele, valutata 30 onze, e beni mobili stimati 11, per compensa-
                    zione, Colta ebbe beni mobili del valore di 41 onze. Vedova per più di
                    un quarto di secolo, Ginevra poté rimanere nella grande casa di fami-
                    glia  della  Kalsa,  che  nel  1398  condivideva  ancora  con  il  figlio  e  la
                    nuora .
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                       La nobildonna che si risposava aveva altri vantaggi, perché il se-
                    condo marito la poteva aiutare nelle battaglie legali contro i parenti del
                    marito defunto. Emblematico il caso di Pina Spatafora che sposò in
                    prime nozze, secondo il mos latinorum, il catalano Bernardo Roudus,
                    castellano del Castello a mare, dal quale ebbe Iannella. Nel 1403 Ber-
                    nardo morì.  Il suo patrimonio valeva 500 onze e comprendeva due
                    vigne nelle contrade Colli e Ciaculli, un podere, una piantagione di
                    canna da zucchero, la masseria Bongiordano, buoi da lavoro, capre,
                    equini, nove servi, un magazzino, armi, armature e imbarcazioni con
                    le quali il castellano commerciava a Gaeta, Roma, Cipro e Alessandria
                    d’Egitto. Inoltre, vantava crediti per 73 onze. Iannella fu posta sotto la
                    tutela della madre Pina e del catalano Jaume Cellarer che fecero stilare
                    l’inventario, stimare i beni e vendettero armi, armature e due gondole
                    per pagare il funerale e i debiti verso il fisco. L’eredità fu divisa in tre
                    parti di uguale valore (165 onze, 27 tarì, 10 grani) per la moglie, la
                    figlia e la quota disponibile, sulla quale Antonio Roudus, fratello del
                    defunto, avrebbe potuto accampare diritti. Il bene più consistente era
                    la vigna dei Colli (60 onze), assegnata alla vedova. Il magazzino della
                    marina (25 onze) e il terreno (5 onze) andarono a Iannella. Fu posta
                    nella disponibile la galeotta (70 onze), principale bene mobile. Martino
                    I ordinò al capitano e al pretore di Palermo di sospendere la causa
                    mossa contro Pina dalla moglie e dai figli di Antonio Maczeri, per la


                       82  Asp, Tsms, perg. 462.
                       83  P. Sardina, Palermo e i Chiaromonte cit., pp. 120-123.
                       84  Ead., (a cura di), Registri di lettere e atti (1395.1410) cit., doc. 11.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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