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258 Patrizia Sardina
Giovanni Patella che avrebbe dovuto recintarli, custodirli e mandare
un cofino di frutta tre volte alla settimana. Dopo la potatura, Gubitosa
avrebbe inviato due esperti potatori per stabilire «si bonum vel malum
factum est» 123 .
Venuta, vedova del notaio Salerno de Peregrino, aveva tre figli Per-
rono, notaio, Giovanna e Giacomino, infante. Alla morte di Perrono e
della moglie Tommasa, Venuta divenne tutrice del nipote Colo 124 . Nel
1349 consegnò al notaio Andrea de Nubula, marito di Giovanna, cor-
redo (40 onze), oggetti preziosi (20) e immobili (50). Grazie all’accorta
vedova, la figlia avrebbe potuto sfoggiare un abito viola a coda con
perle, una reticella di seta viola con capi d’oro, un abito scarlatto, una
cayola (cuffia) con perle, orecchini d’argento e anelli d’oro 125 .
La mancanza di figli rafforzava i legami con la famiglia di origine.
Nel testamento del 1340 Giovanna, figlia del notaio Lorenzo de Menna
e vedova del notaio Angelo de Maiorana, allettata ma in possesso delle
sue facoltà mentali, in grado di parlare e di ricordare, descrisse nei
dettagli parentele, oggetti del corredo e confini degli immobili. Istituì
erede universale la sorella Ventura. La sua cappella si trovava nella
Cattedrale di Palermo, ma volle essere sepolta a Santa Maria del Can-
celliere, «in monumento quondam matris mee». Lasciò ai fratelli notai
Andrea ed Enrico la casa nel «darbo quondam notarii Laurenci de
Menna patris mei». Legò al nipote Lorenzo, orfano di Agata de Iacono,
una casa nella ruga zucac Birisicke e mezza bottega nel Macello
Grande (Vucciria), al compimento del diciottesimo anno. Lorenzo non
avrebbe potuto chiedere all’erede universale il rendiconto dei proventi
utilizzati pro alimentis suis, inoltre, dato che la madre gli aveva lasciato
4 onze per la legittima, non poteva esigere altro. Giovanna destinò le-
gati minori in denaro, corredo e abiti a parenti, come la nipote Francia,
figlia di Andrea, lavoratrici, come la lavandaia Grazia, e donne che la
frequentavano, con una particolare attenzione all’universo femmi-
nile 126 .
Non tutte le vedove dei notai erano agiate. Quando il notaio Omodeo
de Bonanno morì, la moglie Aloisia si ritrovò con quattro figli e un
mare di debiti. Nel 1349 Aloisia e i figli Guglielmo, di 18 anni, e Si-
mone, di 16, vendettero 90 vacche con la garanzia che i figli minori
Vinci e Pino, di cui Aloisia era tutrice, avrebbero accettato la transa-
zione. Le 24 onze ricavate non bastarono neanche a sdebitarsi del
tutto con Margherita de Blanco, che ne aveva prestate al notaio
123 Asp, N, reg. 133, Filippo de Carastono, c. 9r-v.
124 Asp, N, reg. 79, Enrico de Citella, cc. 103r-104v.
125 Asp, Sn, 15N, Enrico de Citella, cc. 44v-47r. Andrea ricevette sei case al Seralca-
dio, tre botteghe, un pozzo e due case all’Albergheria, una vigna in contrada Favara.
126 Asp, N, reg, 82, Enrico de Cortisio, cc. 14v-15r.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)