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Tra cielo e terra: la condizione vedovile a Palermo nel tardo medioevo   259


                    Omodeo 25  127 . Nel 1350 la vedova si appellò contro la richiesta di mille
                    onze avanzata dagli eredi del notaio Enrico de Menna e raggiunse un
                    accordo, grazie al quale le furono rimborsate anche le spese legali 128 .
                    Era qualificata come Aloisia de Chachia nel 1361, quando vendette le
                    olive di un terreno a Monreale per 2 onze, un tomolo di olive, un cafiso
                    di olio e un anticipo in frumento, assicurandosi una scorta alimentare
                    per la sua famiglia 129 .


                    5. Le vedove dei magistri e i figli a bottega

                        Come tutte le cittadine di Palermo, le vedove dei magistri erano
                    tutrici di figli e nipoti. Nel 1420 Montina, vedova del magister Nicolò
                    de Nania, «administratrix bonorum omnium», specialmente di quelli
                    del nipote Giovanni Pani e Vinu, di 14 anni, concesse in enfiteusi per-
                    petua due case del minore 130 .
                       Si poteva assumere la tutela dei figli anche senza un’esplicita di-
                    sposizione testamentaria. Designata dalla Corte Pretoriana tutrice di
                    Brando e Lorenzo, «in defecto quod non instituta fuit tutrix in testa-
                    mento», nel 1383 Pina, vedova del calcararius (fornaciaio) Domenico
                    de Brando, nominò procuratore il fratello Paolo de Sorrento per riscuo-
                    tere crediti a Salemi e Palermo e seguire le cause 131 . Oltre che dai pa-
                    renti, le vedove dei magistri erano aiutate dai colleghi dei mariti. Nel
                    1340 il celamidarius (ceramista) Giovanni de Rogerio prestò fideius-
                    sione a favore di Contessa, vedova del celamidarius Leonardo, che ven-
                    dette uva per 45 tarì, ricevuti in anticipo e investiti nella coltivazione
                    delle viti 132 .
                       Le vedove dei conciatori dotavano figlie e nipoti, predisponevano la
                    successione e la tumulazione con un occhio attento alla famiglia di
                    origine, largivano prestiti. Tra il 1352 e il 1355, Rutilia, vedova del
                    magister Tommaso de Alexandro, vendette tanto cuoio bovino a con-
                    ciatori cristiani ed ebrei 133  da potere donare inter vivos abiti, corredo e
                    suppellettili alla nipote Giovanna, figlia del giurista Andrea de Puteo,







                       127  Asp, N, reg. 79, Enrico de Citella, cc. 156v-157r. Aveva speso 5 onze.
                       128  Asp, Sn, 19, notaio ignoto, c. 55r-v.
                       129  Asp, Sn, 91, Antonio de Maniscalco, c. 2r-v.
                       130  Asp, N, reg. 334, Nicolò de Maniscalco, cc. 40r-43v.
                       131  Asp, N, reg. 116, Filippo de Biffardo, cc. 15v-16r.
                       132  Asp, N, reg. 5, Salerno de Peregrino, cc. 149v-149v bis. Possedeva due vigne a
                    Falsomiele.
                       133  Asp, N, reg. 119, Bartolomeo de Bononia, cc. 96r e 105r.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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