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260 Patrizia Sardina
orfana dei genitori, che l’aveva aiutata e le era stata vicina 134 . Nel 1357
Auruchia, moglie del conciatore Gaddo de Nubula, stabilì che se i figli
fossero morti minorenni gli eredi sarebbero stati i propri fratelli Luca
e Benedetto, «si hoc a iure conceditur» 135 . Antonia era convolata a
nozze con il conciatore Cola de Nubula, dal quale aveva avuto Gra-
ziona, alla sua morte si era risposata con Bertino Coppula, con il quale
aveva concepito Tommeo e Fiordaliso. Rimasta nuovamente vedova,
nel 1357 nominò tutrice dei figli la nonna paterna Bartolomea e volle
essere sepolta a San Domenico, nella tomba del padre 136 .
Bonafemmina, vedova del conciatore Nicolò de Henrico, mutuò 7
onze ai coniugi Vindigrano e prese in pegno perle, abiti femminili, cor-
redo e suppellettili. Nel 1356 i coniugi riscattarono i pegni e ipoteca-
rono la metà di una vigna abbandonata in contrada Chamirichi, che
Bonafemmina concesse al conciatore Stefano de Bononia per seminare
frumento. Rimasta vedova, nel 1362 Antonia Vindigrano vendette a
Bonafemmina l’ex vigna per un’onza, detratta dal debito non ancora
saldato. Poi Bonafemmina e il figlio Bartolomeo la rivendettero al con-
ciatore Guarnerio di Lu Meglu per la stessa somma di denaro 137 . Le
vedove che largivano e ottenevano prestiti erano protette dal privilegio
«mulierum et viduarum», al quale nel 1340 rinunziarono sia Ventura,
vedova del magister Andrea de Novello, che aveva prestato denaro a
Baldo de Renda, sia Angelica, vedova del conciatore Guglielmo Longo,
che aveva ricevuto un mutuo dal notaio Bonanno Diotisalvi 138 .
Riuscire a continuare l’attività del coniuge era difficile, ma non im-
possibile. Lo fece Divicia, vedova del lanaiolo Markisio de Calatagirono,
che nel 1334 s’impegnò a consegnare entro un mese al mercante ge-
novese Antonio Cocono 63 coperte di lana «bonas et bene textas fa-
ciendas seu factas» nella sua casa del Seralcadio 139 . La situazione si
complicava se il marito svolgeva un lavoro prettamente maschile. Così,
nel 1340 Margherita, vedova del barbiere Alafranco Collura, diede al
suocero Dionisio, anch’egli barbiere, gli strumenti del mestiere, come
134 Asp, N, reg. 122, Bartolomeo de Bononia, cc. 176r-177v e 179v-180 (13 e 15
aprile 1360). Nel 1367 vendette uva bianca e nera della sua vigna (Asp, Sn, 99, Andrea
de Nubula, c. 11v).
135 Asp, N, reg. 120, Bartolomeo de Bononia, cc. 193r-194r.
136 Asp, Sn, 287N, Bartolomeo de Bononia, cc. 27v-29v. Testamento del 30 ottobre
1357.
137 Asp, N, reg. 122, Bartolomeo de Bononia, c. 110r-v; Ivi, reg. 123, cc. 151r-152v
e 155r-v.
138 Asp, N, reg, 82, Enrico de Cortisio, c. 42r-v (11 dicembre 1340), c. 9v. (15 dicem-
bre 1340).
139 Asp, N, reg. 3, Salerno de Peregrino c. 13v. Ricevette 5 onze, 7 tarì e mezzo, pagati
in anticipo.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)