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Tra cielo e terra: la condizione vedovile a Palermo nel tardo medioevo   257


                    Puldana, con l’incarico di fare redigere l’inventario e assegnare al na-
                    scituro un nono dei beni 117 .
                       La clausola limitativa della vedovanza onesta compare anche nel
                    testamento dettato nel 1362 dal notaio Antonio Cappa, il quale stabilì
                    che la moglie Contessa de Primo potesse abitare nella loro casa del
                    Cassaro «donec honeste vivet et viduitatem servaverit» 118 .
                       Restò nella domus antiqua dell’hospicium del Cassaro Allegranza,
                    vedova del notaio Nicolò de Presbitero, che divise i beni con il figlio
                    Guido al quale toccò la fabrica nova del palazzo di famiglia, con l’im-
                    pegno di fare separare le case a sue spese «citius quam potuerit». Oltre
                    alla vecchia casa coniugale, Allegranza mantenne i suoi beni mobili,
                    ebbe un cortile con tre case, un terzo dei crediti, il servo tartaro Perino
                    e la serva nera Antonia con una figlia. Nel 1383 Guido s’impegnò a
                    versare a vita alla madre l’affitto di un piccolo magazzino (15 tarì an-
                    nui) 119 .
                       Lasciò la casa del marito, ubicata all’Albergheria, e andò a vivere al
                    Cassaro Marina de Vernagallo, vedova del notaio Bartolomeo de Stayti,
                    che si risposò alla latina con il notaio Simone de Iudice Facio, vedovo.
                    Nel 1348 Chono, fratello di Marina, promise allo sposo una vigna in
                    contrada Salto dello Schiavo (100 onze), una taverna (30), due botte-
                    ghe all’Albergheria (15) e il corredo (50) 120 .
                       Circondate da balie, lavandaie e serve, le vedove dei notai avevano
                    tempo e denaro per potere gestire con cura i beni di famiglia posti in
                    città e in campagna, assumere la tutela di figli e nipoti, dotare le figlie.
                    Fu attenta e meticolosa Costanza, moglie del notaio Matteo de Gentili.
                    Rimasta vedova prima del 1337, ereditò una bottega a Porta Patitelli,
                    in comproprietà con il notaio Enrico de Citella, 121  e si occupò delle
                    terre. Nel 1342 affittò per quattro anni a Orlando de Galvagno un ter-
                    reno con alberi al di fuori di Porta Sant’Agata, per 7 onze. L’affittuario
                    avrebbe dovuto consegnare a un familiare, o alla serva di Costanza
                    verdure e ortaggi pro domo sua due volte la settimana. Due probi viri,
                    scelti da Costanza e Orlando, avrebbero calcolato il prezzo di verdure
                    e ortaggi già piantati, che Orlando avrebbe pagato man mano che li
                    vendeva 122 .
                       Nel 1342 Gubitosa, vedova del notaio Giovanni de Maramma, diede
                    a mezzadria vigne e giardini suoi e dei figli in contrada Santi Armi a



                       117  Ivi, cc. 156r-157r. Ebbe 38 botti di vino, corredo e suppellettili (40 onze), un
                    campo d’orzo e crediti.
                       118  Asp, N, reg. 303, Pietro de Nicolao, cc. 5v-10v.
                       119  Asp, N, reg. 116, Filippo de Biffardo, cc. 24v-25r.
                       120  Asp, Tsms, perg. 141. B. Pasciuta, I notai a Palermo nel XIV secolo, Rubbettino,
                    Soveria Mannelli (Cz), 1995, pp. 232-236.
                       121  Asp, N, reg. 4, Salerno de Peregrino, cc. 149r-v e 175r-v.
                       122  Asp, Sn, 50N, notaio ignoto, cc. 22v-23v.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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