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264 Patrizia Sardina
L’obbligo di non risposarsi per mantenere la tutela non scaturiva
da ragioni etiche e non era una prerogativa nobiliare o maschile.
Nel 1357 Auruchia, moglie del conciatore Gaddo de Nubula, dispose
che se il marito si fosse risposato i figli Matteo, Nerio e Bartolomeo
sarebbero stati educati da Piacente, vedova del cavaliere Algerio de
Algerio, o dalla cognata Grazia, moglie del magister Giacomo de
Mule, o da Muscata de Algerio 163 . Invece, Amato de Balezi, che non
navigava in buone acque, nel 1383 stabilì che la moglie Fina fosse
tutrice della figlia Lucia «tam si convolaverit quam si viduitatem
servaverit» 164 .
Per le nobildonne mantenere in buone condizioni i palazzi di fami-
glia non era facile. Nel 1344 Maffia, vedova di Giovanni Caficini, obe-
rata di debiti, dovette affittare il grande hospicium della Kalsa, nel
quale abitava con i figli, al mercante Recupero Guidi che fece realizzare
a sue spese il parapetto del terrazzo 165 . Per le mogli dei mercanti era
altrettanto problematico evitare che le botteghe si deteriorassero irri-
mediabilmente. Nel 1382 Paola de Sancto Stephano, vedova del mer-
cante Aloisio de Michaele e tutrice dei figli Garita, Caradonna e Barto-
lomeo 166 , concesse in enfiteusi perpetua la bottega del marito per 2
onze annue, con l’impegno di ripararla e non alterarne l’aspetto 167 .
Inoltre, era fondamentale non alienare le vigne, preziosa fonte di red-
dito per molte vedove, che vendevano l’uva in anticipo e ricevevano
acconti da investire nella coltivazione della vite. Le vedove di cavalieri,
mercanti, giudici e notai erano in grado di dedicarsi anche alla colti-
vazione di oliveti, orti e frutteti, attività agricole redditizie ma impe-
gnative, o di trarre profitto dalle taverne 168 .
Parenti e religiosi aiutavano e condizionavano le vedove. Fra gli ese-
cutori testamentari di Esmeralda Spalla, vedova del cavaliere France-
sco Prefolio, figurava il genero Pietro de Bonsignoro, giudice della Ma-
gna Regia Curia, che probabilmente le suggerì d’inserire una clausola
limitativa: se il figlio Tinuccio avesse impugnato il testamento, o impe-
dito il suo adempimento il feudo di Ragusa sarebbe stato venduto e il
denaro ricavato sarebbe andato alle figlie Fina, moglie del giudice, e
Tommasa, vedova di Nicola de Bonito. Il guardiano di San Francesco
di Ragusa, altro esecutore testamentario, fu incaricato di completare
163 Asp, N, reg. 120, Bartolomeo de Bononia, cc. 193r-194r.
164 Asp, N, reg. 116, Filippo de Biffardo, cc. 14r-15v.
165 Asp, N, reg. 117, Bartolomeo de Bononia, cc. 35v-36r.
166 Asp, N, reg. 131, Bartolomeo de Bononia, c. 18r-v. Prestò 330 fiorini a Giacomo
e Nicolò de Falcono.
167 Asp, N, reg. 132, Bartolomeo de Bononia, cc. 334r-336r (5 gennaio 1384).
168 Asp, N, reg. 119, Bartolomeo de Bononia, c. 8r-v. Leonardo de Camerata s’impe-
gnò a lavorare un anno nella taverna di Goffreda, vedova del giudice Giovanni Costa,
per 4 onze e 15 tarì (9 novembre 1351).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)