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                zione di quei comportamenti e di quelle esperienze dello spazio urbano
                in  grado  di  chiarire  attraverso  quali  meccanismi  può  essersi  sedi-
                menta, nel corpo sociale, una consapevolezza diffusa della natura ir-
                rinunciabile di utilità collettiva che rivestono alcuni settori, come pure
                la  diversa  connotazione  identitaria  assunta,  per  alcuni  gruppi,  da
                comparti a specifica destinazione funzionale. Nell’approfondimento di
                questi  temi  alcune  città  costiere  della  Puglia  restituiscono  testimo-
                nianze particolarmente utili.
                   Caratterizzate in età angioino-aragonese da una apprezzabile viva-
                cità  economica  e  da  un  significativo  sviluppo  politico-istituzionale,
                molti centri costieri di Terra di Bari e di Terra d’Otranto si rivelano
                scenari privilegiati di molti di quei processi che potremmo porre all’ori-
                gine della costituzione degli spazi della “fruizione comune” o, ancora
                più ampiamente, “delle relazioni sociali”. Definizioni, queste ultime,
                entrambe  ritenute  preferibili  alla  nozione  di  “spazio  pubblico”,  che
                pure si trova largamente impiegata dalla ricerca sulle città del Mezzo-
                giorno medievale . Si impongono infatti alcune considerazioni prelimi-
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                nari rispetto a questo impiego diffuso del concetto di “pubblico”, pur
                nelle sue molteplici accezioni, particolarmente nell’indagine sulla ge-
                nesi della percezione dello spazio urbano, nella sua interezza o per
                singole frazioni, da parte della struttura sociale che lo anima. Come
                pure è indispensabile un chiarimento circa la natura e i limiti dei con-
                tenuti della documentazione cui fino ad ora si è fatto ricorso per af-
                frontare questo argomento.
                   La definizione di “spazio pubblico” come categoria giuridica, la cui
                codificazione  è  avvenuta  notoriamente  solo  molto  più  tardi,  risulte-
                rebbe, e non solo per la singolarità del contesto geostorico di riferi-
                mento, inappropriata perché implicherebbe l’intervento di un’autorità
                sovraordinata  nell’attribuzione  della  condizione  di  “bene  pubblico”,
                quindi di proprietà dello Stato che ne impedisce l’appropriazione indi-
                vidualistica da parte di chi ne fa uso . Richiamarne poi la destinazione
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                funzionale ricorrendo ad una generica accezione di “pubblico”, oltre ad
                avere uno scarso valore euristico – tanto varrebbe mutuare strumenti
                concettuali più adeguati a definirne la sostanza fattuale, dalla teoria
                sociale,  dall’approccio  antropologico  o  dal  paradigma  urbanistico   –
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                   2  Si veda ad esempio G. Vitolo (a cura di), Città, spazi pubblici e servizi sociali nel
                Mezzogiorno medievale, Laveglia&Carlone, Salerno, 2016.
                   3   F.  Di  Lascio,  Espace  public  et  droit  administratif,  «Philonsorbonne»,  8  (2014),
                (http://philonsorbonne.revues.org/584).
                   4  M. Serino, Spazio e spazialità nell’opera di Simmel e Durkheim, «Quaderni di Socio-
                logia», 15 (2017), pp. 37-54; G. Mandich, Spazio e tempo: prospettive sociologiche, Fran-
                coAngeli, Milano, 1996; D. Pacelli, C. Marchetti (a cura di), Tempo, spazio e società. La
                ridefinizione dell’esperienza collettiva, FrancoAngeli, Milano, 2007; U. Hannerz, Explo-
                ring the City: Inquiries Toward an Urban Anthropology, Columbia University Press, New



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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