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Comportamenti sociali e attribuzioni simbolico-funzionali... 269
potrebbe lasciare spazio ad equivoci fuorvianti. Primo fra tutti quello
di sottintendere l’esercizio della piena titolarità su tali beni, in termini
di autonomia di gestione e godimento illimitato, da parte del soggetto
istituzionale collettivo che è il governo cittadino.
Le Universitates meridionali, pur disponendo di singoli beni o diritti
– edifici, terreni, esercizi di riscossione etc. – comunque non sarebbero
state dotate di un patrimonio comune e della stessa giurisdizione sul
relativo distretto territoriale, se non in piena età moderna, ma ancora
allora con limiti e restrizioni notevoli imposte dal potere centrale . Nei
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rari casi in cui si trova impiegato il termine “pubblico” nella documen-
tazione disponibile, usato in relazione a spazi, edifici e infrastrutture
cittadine, lo stato giuridico e la disponibilità di tali beni non è altro
dall’afferenza al demanio regio . La condizione giuridica della città me-
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ridionale, regia o infeudata che fosse, vincolava la reale disponibilità e
la pienezza dei diritti esercitabili dagli abitanti sulla sua realtà mate-
riale, riconoscendo ai governi cittadini la mera responsabilità di ma-
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nutenzione e disciplinamento d’utilizzo .
York, 1980; A. Signorelli, Antropologia urbana. Introduzione alla ricerca in Italia, Guerini
e Associati, Milano, 1999; J. Gehl, Life between buildings. Using public space, Island
Press, Washington - Covelo - London, 1980; M. Carmona, S. Tiesdell, T. Heath, T. Oc,
Public Places Urban Spaces. The dimensions of urban design, Elsevier, Oxford, 2010.
5 F. Senatore, Distrettuazioni intermedie e federazioni rurali nel Regno di Napoli, in F.
Lattanzio, G. M. Varanini (a cura di), I centri minori italiani nel tardo Medioevo. Cambia-
mento sociale, crescita economica, processi di ristrutturazione (secoli XIII-XVI), Atti del XV
Convegno di Studi del Centro di studi sulla civiltà del tardo Medioevo di San Miniato
(San Miniato, 22-24 settembre 2016), Firenze University Press, Firenze, 2018, pp. 341-
370. Sull’articolato interesse nutrito per la definizione dei “beni comuni” si rimanda al
repertorio bibliografico curato da Riccardo Rao, Le risorse collettive nell’Italia medievale,
«Reti medievali-Repertorio», 12 (2007), (http://www.rm.unina.it/repertorio/rm-riccardo
-rao-communia.html); e a D. Cristoferi, Da usi civici a beni comuni: gli studi sulla pro-
prietà collettiva nella medievistica e nella modernistica italiana e le principali tendenze
internazionali, «Studi storici», 57/3 (2016), pp. 577-604.
6 Chiarificatori in questo senso i contenuti della supplica mossa nel 1442 dall’Uni-
versità di Manfredonia ad Alfonso il Magnanimo. Il lungo elenco di richieste presentate
al sovrano contemplava, tra le altre cose, il permesso per i cittadini che avevano co-
struito “nei luoghi pubblici et demaniali”, di continuare a godere della piena proprietà
di quanto già edificato senza alcuna restrizione da parte degli ufficiali regi: «Item perché
nella dicta cita nelli lochi puplici et demaniali sonno facti et principati de fare case, fossi
de grani, scali de petre de Menyano, gayfi et altri edificii per ornamento et augmento
dela dicta cita, dignaretur ipsa maiestas permictere como se stanno et concedere et
confermarili ad li patroni che silli poczano gaudere senza nissuno impaczo de officiali
dela vostra maiestà, ad chi appartenesse correggere li dicti edifici», cfr. Archivo de la
Corona de Aragón, Cancillerìa, Registros, n. 2902, cc. 124v-127r, c. 126; ed anche C.
López Rodríguez, S. Palmieri (a cura di), I Registri Privilegiorum di Alfonso il Magnanimo
della Serie Neapolis dell’Archivio della Corona d’Aragona, Accademia Pontaniana, Na-
poli, 2018, p. 33.
7 Alcune ricerche hanno voluto interpretare i provvedimenti emanati per la ripara-
zione o manutenzione della cinta muraria come prova dell’esistenza di un interesse dei
governi cittadini alla conservazione, salvaguardia o tutela di un bene pubblico,
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)