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280 Rosanna Alaggio
parte dei rappresentanti dell’Universitas, del valore per l’economia cit-
tadina di tutto il settore lambito dalla costa sud-orientale.
L’importanza che i governi cittadini attribuiscono alla conserva-
zione ad un uso collettivo di alcuni comparti ritenuti vitali per le atti-
vità economiche e produttive delle comunità, è ben esemplificato dalla
reazione dell’Universitas di Taranto ai tentativi di speculazione edilizia
perpetrati a più riprese nel corso del XIV e XV secolo, a danno del
«terreno dela Piacza», una zona sgombra da costruzioni che si svilup-
pava nel settore nord-orientale dell’abitato.
Nel 1474 i sindaci di Taranto si appellarono al sovrano aragonese
perché impedisse a Bartolomeo Muscettola, ricco mercante del posto,
di costruire alcuni edifici nei pressi della piazza pubblica . Mossa a
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distanza di quasi dieci anni dall’incameramento della città nel dema-
nio regio insieme a tutte le terre di cui era stato titolare feudale il prin-
cipe Giovanni Antonio del Balzo Orsini, la supplica faceva notare al re
come «in quello proprio loco» un tempo vi erano stati istallati «lo ter-
czanarie et la dohana», e come fosse stato lo stesso principe a decidere
di ingrandirlo ulteriormente delocalizzando più a ovest il cantiere na-
vale e inglobandolo in un ridotto difensivo autonomo: la “Cittadella”.
Ovviamente il tutto a spese dell’Universitas, alla quale era stato impo-
sto il gravoso impegno economico di comprare e demolire diversi edifici
della zona.
Decisamente un sacrificio considerevole per le casse tarantine, co-
munque affrontato, come ricordava ancora il testo della supplica, per
preservare l’integrità di uno spazio dove si svolgevano due fiere an-
nuali molto frequentate e, in caso «de suspecione de peste», anche il
mercato settimanale, che normalmente si teneva extra moenia. Sa-
rebbe stata tutta la comunità a pagare le conseguenze del favore ac-
cordato ad un singolo cittadino, ma era interesse anche del sovrano
assicurare la piena agibilità di un spazio che «se adopera per edificare
navigli». Attività certo fondamentale per tutto l’indotto che creava al
suo intorno, ma che costituiva anche un obbligo imposto a tutti i ta-
rantini, responsabili della fornitura di imbarcazioni alla flotta reggia .
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Questo era già il secondo tentativo di occupare con edifici privati
un’area che una comunità a forte “vocazione marittima” percepiva evi-
dentemente come di vitale importanza. Già quasi un secolo prima, nel
1364, il principe Filippo d’Angiò, aveva vietato esplicitamente anche la
48 R. Alaggio, La città del principe. Vita cittadina e prerogative feudali a Taranto in età
angioino-aragonese, in G. T. Colesanti (a cura di), “Il re cominciò a conoscere che il prin-
cipe era un altro re”. Il Principato di Taranto e il contesto mediterraneo (secc. XII-XV), Isti-
tuto Storico Italiano per il Medioevo, Roma, 2014, pp. 251-286.
49 R. Alaggio, Le Pergamene dell’Università di Taranto (1312-1652), Congedo, Gala-
tina, 2004, pp. 173-178; R. Alaggio, La città del principe cit., pp. 254-259.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Agosto 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)