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L’acqua fa paura: gestione del territorio e salute pubblica nel Borgo di Santa Lucia...  559


                    seguito trasformato . Come in altre lottizzazioni operate a Palermo nel
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                    medesimo secolo, il nuovo insediamento avrebbe dovuto incentrarsi
                    su una strada principale ortogonale a quella litoranea e sarebbe stato
                    organizzato in una «maglia a scacchiera regolare» .
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                       Nonostante le vicende legate alla costruzione del nuovo quartiere
                    fossero particolarmente complicate , nel 1571 la maggior parte delle
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                    case risultava già edificata e il Fornaya, oltre al già esistente pozzo per
                    l’approvvigionamento  idrico,  costruì  un  forno  e,  nelle  vicinanze  del
                    mare, una grande taverna. L’anno prima aveva dato avvio all’edifica-
                    zione della chiesa di Santa Maria di Monserrato che avrebbe simboli-
                    camente rappresentato il suo legame con la Catalogna; nel 1600 sa-
                    rebbe stata canonicamente eretta in parrocchia del Borgo .
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                       Poco  dopo  la  morte  di  Guglielmo  Fornaya,  avvenuta  nel  gennaio
                    1573, tanto i mutamenti di indirizzo politico, con l’abbandono dei pro-
                    getti di espansione della città, quanto la destinazione del Borgo a luogo
                    di quarantena per i sospetti ammalati, con l’ordine per i proprietari di
                    lasciare  le  abitazioni,  in  occasione  dell’epidemia  di  peste  del  1575-
                    1576,  che  sarebbe  divenuta  abituale  in  successive  analoghe  circo-
                    stanze, avevano determinato l’interruzione del «processo di fondazione
                    e progressivo consolidamento materiale» di questa porzione di territo-
                    rio e lo «sgretolamento» della sua «compagine sociale» . Al Borgo si
                                                                          35
                    sarebbero  infatti  trasferiti  i  pescatori  della  Kalsa  e  «alcune  famiglie
                    lombarde,  in  prevalenza  mercanti  di  grano,  tavernieri  e  salariati  di
                    aziende agricole e del trasporto»; la costruzione del porto e dei magaz-
                    zini avrebbe orientato l’attività lavorativa degli abitanti. Nel 1588, «le
                    acque della fonte del piano del Ciardone» – un’ampia distesa caratte-
                    rizzata da pozze e acquitrini che costituiva uno dei limiti del piccolo
                    centro abitato – furono convogliate in un abbeveratoio nei pressi della
                    chiesa di Santa Lucia; nel vicino “piano dei quattro venti” e in luoghi
                    circostanti furono realizzate altre fontane, che nel XVIII secolo «erano
                    già in rovina» .
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                       31  Ivi, pp 151-152.
                       32  Ivi, p. 155.
                       33  Ivi, pp. 155-156
                       34  Ivi, p. 159.
                       35  Ivi, pp. 161-164; cfr. anche R. La Duca, Il Borgo di S. Lucia, «Giornale di
                    Sicilia», 1 settembre 1976, poi in Id., La città perduta, IV serie, Palermo, Edizioni e
                    Ristampe siciliane, 1978, pp. 68-70. De Seta e Di Mauro individuano nella desti-
                    nazione del Borgo di Santa Lucia a “campo sanitario”, dopo l’evacuazione dei suoi
                    abitanti, una «riprova del sensibile sviluppo demografico della zona gravitante in-
                    torno al nuovo porto» (C. De Seta, L. Di Mauro, Palermo (Le città nella storia d’Italia)
                    cit., p. 78).
                       36  A. Chirco, Le Borgate marinare. Da Sammuzzo al porto cit., pp. 12-13.


                                               Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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