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                politica»  e che corresse nella più malleabile forma del «folklore ambi-
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                valente»: riconoscere il carattere ambivalente dei fatti folklorici signifi-
                cava coglierne non solo la carica contestativa, ma anche i valori con-
                formistici rispetto all’ordine sociale, la loro disponibilità all’interioriz-
                zazione di temi e valori della cultura egemone .
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                   La teoria del folklore come cultura di contestazione elaborata da
                Lombardi Satriani viene ripresa da Carlo Ginzburg, il quale in quel
                periodo studia la stregoneria, la superstizione, la magia come ingre-
                dienti della «pietà popolare», un’espressione particolare della “cultura
                popolare” per cui lo storico cerca una meno generica definizione che
                ne salvaguardi il carattere di autonomia, oltre l’ottica diffusa da Bach-
                tin  e respingendo il concetto di «mentalità collettive» di Lucien Febvre
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                e delle «Annales» per la sua ambiguità interclassista. Questa pietà po-
                polare diventava oggetto nel corso del XVI-XVII secolo di una massiccia
                aggressione da parte della dottrina egemone, espressione della Chiesa
                istituzionale, che intendeva disciplinarla sradicandone le derive più
                autonomistiche, mettendone però involontariamente a nudo la carica
                contestativa e al tempo stesso le inconsapevoli forme di un sostrato
                antico, probabilmente precristiano. Nello schema teorico elaborato da
                Ginzburg  sulla  scorta  dei  processi  inquisitoriali  per  stregoneria,
                quest’ultima, espressa nella cultura demoniaca del sabba, si declinava
                come «un’arma di difesa e di offesa nelle contese sociali», laddove pa-
                droni sfrattavano dalle loro terre famiglie contadine esponendole al ri-
                schio  della  miseria,  a  soprusi.  Il  linguaggio  degli  imputati  rivelava
                chiaramente «l’aggressività sociale della stregoneria», con le sue più
                tipiche manifestazioni attestate a lungo dalla fonte processuale come
                dalla documentazione folklorica (ad esempio le streghe che per invidia
                alla vista delle messi rigogliose, segno di un benessere inattingibile alla
                loro condizione di contadine povere, invocano le forze demoniache per
                farvi abbattere una tempesta distruttiva) . La simbologia del sabba
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                rivelava infatti una sovrapposizione conflittuale di strati culturali ete-
                rogenei, di origine dotta e popolare, matrici ormai fuse inestricabil-
                mente nei processi inquisitoriali del Cinquecento, in cui l’intervento



                   24  L.M. Lombardi Satriani, Attuale problematica della religione popolare, in F.
                Saija, a cura di, Questione meridionale, religione e classi subalterne cit., pp. 9-33,
                p. 27.
                   25  Id., Contenuti ambivalenti del folklore calabrese: ribellione e accettazione nella
                realtà subalterna, Messina, Peloritana, 1968.
                   26  M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa
                nella tradizione medievale e rinascimentale, Torino, Einaudi, 1979.
                   27   C.  Ginzburg, Stregoneria e pietà popolare: Note a proposito di un processo
                modenese del 1519, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Lettere,
                Storia e Filosofia», serie II, vol. 30, 1961, n. 3-4, pp. 269-287; poi in Id., Miti em-
                blemi spie. Morfologia e storia, Torino, Einaudi, 1986, pp. 3-28.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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