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Ethos e contesto. Le culture popolari fra rito e storia: l’eredità... 603
dottrinale di teologi, demonologi e inquisitori andava stereotipizzando
sotto la categoria demonologica del sabba credenze, culti agrari della
fertilità e altre più antiche espressioni della mitologia popolare, di cui
andavano pertanto setacciate le superstiti tracce .
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Ginzburg accetta la definizione di cultura folklorica, scrive: «A patto
però di precisare che “folklore” significa “cultura delle classi subal-
terne” (come ribadiva recentemente Lombardi Satriani)», una posizione
che avrebbe consentito di ricostruire l’intreccio complesso dei rapporti
di classe anche sul piano dell’ideologia (o sovrastruttura) entro una
società determinata, intreccio fatto di assimilazioni forzate o sponta-
nee, di scontri impliciti ed espliciti tra alto e basso . Ma nel frattempo
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egli spostava l’attenzione dai meccanismi di funzionamento della stre-
goneria in rapporto al contesto sociale (ovvero dalla persecuzione) ,
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alle credenze degli accusati e all’orizzonte mitico di più antica stratifi-
cazione che vi faceva da sfondo . Dunque una sostituzione, nella pro-
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spettiva dello storico, della superiorità culturale dello sguardo con
un’attenzione alla cultura dal basso e, in taluni casi, all’autonoma ap-
propriazione e interpretazione di elementi della cultura dotta e scritta
da parte della cultura bassa, come nella storia del contadino Menoc-
chio, che sapeva leggere e raccontare . In questo quadro ginzbur-
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ghiano, il carattere oppositivo della cultura popolare si stemperava
dunque nell’idea di una circolarità dei modelli culturali .
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28 Id., Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Torino, Einaudi, 1989; in
particolare l’Introduzione, pp. XIII-XLV, p. XXV; Id., Folklore, magia, religione, in
Storia d’Italia, vol. I. I caratteri originali cit., pp. 603-676.
29 Id., Stregoneria, magia e superstizione in Europa tra medioevo ed età moderna,
negli Atti della Tavola rotonda internazionale su Religione e religiosità popolare (Vi-
cenza, 25-26 ottobre 1976), «Ricerche di storia sociale e religiosa», VI, 1977, n. 11,
pp. 119-133.
30 Così era in particolare negli studi dell’antropologia storica britannica: H.R.
Trevor-Roper, The European Witch-Craze of the 16th and 17th Centuries, London,
Penguin, 1969; K. Thomas, Religion and the Decline of Magic: Studies in Popular
Beliefs in Sixteenth and Seventeenth Century England, New York, Charles Scrib-
ner’s Sons, 1971, London, Weidenfeld and Nicolson, 1971, trad. it. La religione e il
declino della magia, Milano, Mondadori, 1985.
31 C. Ginzburg, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Sei-
cento, Torino, Einaudi, 1966.
32 Id., Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ‘500, Torino, Einaudi,
1976, 1999.
33 Contro chi gli attribuiva, in maniera imprecisa, «l’idea dell’assoluta autono-
mia e continuità della cultura contadina», come P. Zambelli, «Uno, due, tre, mille
Menocchio»? Della generazione spontanea (o della cosmogonia ‘autonoma’ di un mu-
gnaio cinquecentesco), in «Archivio Storico Italiano», 137, 1979, n. 1, pp. 51-90, p.
59; o di contrapporre troppo nettamente cultura degli inquisitori e cultura degli
inquisiti, come A. Tenenti, Una nuova ricerca sulla stregoneria, in «Studi Storici»,
VIII, 1967, n. 2, pp. 385-390.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)