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608 Francesco Campennì
L’esigenza di una vasta comparazione nasceva come conseguenza
dell’avanzamento della ricerca su singole aree regionali che presen-
tavano una serie di affinità formali, sollecitando il dibattito sul rap-
porto tra morfologia e storia, tra impostazione sincronica e diacro-
nica. Tanto Ginzburg che Lombardi Satriani si richiamano non a
caso alle teorie del folklorista russo Wladimir J. Propp nella sua in-
dagine sulle radici storiche dei racconti di fate, le quali si scoprivano
come più antiche del feudalesimo e del capitalismo, di cui recavano
riflessi ma che non le avevano prodotte, evidenziando come il muta-
mento della struttura produttiva non influisse sulla sovrastruttura:
una morfologia che creava la diacronia . Lo stesso concetto che at-
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torno ad alcuni miti diffusi nella cultura europea, come quelli della
«caccia selvaggia» e dell’«esercito furioso», articolerà la lettura di
Ginzburg sul rapporto asimmetrico tra forme e funzioni della ritua-
lità popolare come nello charivari, probabile discendenza genealogica
di un antico culto agrario dei morti . Il mito tracciava dunque geo-
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grafie vaste e complesse, una diacronia nella sincronia testuale del
documento folklorico: il mito folklorico della caccia selvaggia si ritro-
vava nella credenza cristianizzata delle processioni notturne delle
anime purganti, su cui proprio allora Lombardi Satriani e Mariano
Meligrana, ne Il ponte di San Giacomo, raccoglievano diffuse testimo-
nianze anche per l’Italia meridionale .
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Il rifiuto del concetto di sopravvivenza, accentuando la sincronia
sulla diacronia nelle forme culturali, viene ribadito in quegli stessi
anni Settanta da larghi settori della ricerca storico-antropologica eu-
ropea. Jean-Claude Schmitt, che, riprendendo Jacques Le Goff, al-
larga il concetto di “religione popolare” al contesto sociale, come patri-
monio collettivo e non retaggio di una classe, vi ancora, anche rispetto
alle manifestazioni più anomale (come la magia), funzioni culturali sto-
ricamente operanti, preferendo il termine di «cultura folklorica» .
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55 V.J. Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, Introduzione di A.M. Cirese,
Torino, Bollati Boringhieri, 1985; Id., Morfologia della fiaba, Con un intervento di C.
Lévi-Strauss e una replica dell’autore, Torino, Einaudi, 1966.
56 C. Ginzburg, Charivari, associazioni giovanili, caccia selvaggia, in «Quaderni
storici», XVII, 1982, n. 49/1, pp. 164-177. La suggestione frazeriana di Ginzburg
è recepita attraverso la raccolta di postille all’opera di Frazer di Ludwig Wittgen-
stein, Note sul “Ramo d’oro” di Frazer, Milano, Adelphi, 1975.
57 L.M. Lombardi Satriani, M. Meligrana, Il ponte di San Giacomo. L’ideologia
della morte nella società contadina del Sud, Milano, Rizzoli, 1982, pp. 55-83. Allo
stesso ordine di concettualizzazioni si richiamava la definizione di «tempo folklo-
rico» di J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante. E altri saggi sul lavoro
e la cultura nel Medioevo, Torino, Einaudi, 1977, p. 294.
58 J.-C. Schmitt, “Religione popolare” e cultura folklorica, negli Atti della Tavola
rotonda su Religione e religiosità popolare cit., «Ricerche di storia sociale e reli-
giosa», VI, 1977, n. 11, pp. 9-27.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)