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                i  centri  urbani  avranno  raggiunto  la  loro  autonomia  economica
                dall’agricoltura, grazie alle industrie e ai commerci, la «lunga ombra
                proiettata  dalle  campagne  sulle  città»  continuerà  a  condizionarne  il
                modo di pensare, di mangiare, di comunicare. Nella storia dei rapporti
                tra cultura alta e bassa non è dunque il rapporto città/campagna a
                introdurre una dinamica di divergenza, ma il ruolo della scrittura ri-
                spetto all’oralità, più precisamente il passaggio dall’età della parola
                manoscritta a quella della scrittura a stampa. Dal XVI e XVII secolo, il
                controllo  confessionale  e  statuale  amplificato  dallo  strumento  della
                carta stampata su ogni aspetto e categoria sociale della vita comuni-
                taria renderà sempre più difficili i momenti di circolarità culturale tra
                alto  e  basso  producendo  viceversa  «una  serie  di  culture  distrutte  o
                scomparse», stigmatizzate ed emarginate . Il folklore, tuttavia, si co-
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                lora proprio a questo punto della sua funzione di cultura resistente,
                espressione della «paura della storia della società subalterna» ma an-
                che della sua volontà di esorcizzarla in ogni ambito dell’esistenza: la
                «reazione folklorica» è dunque vitale e dinamica, sempre pronta a riaf-
                fiorare contro gli emissari della cultura intellettuale controriformista e
                assolutista. Questo rapporto tra arcaismo dei modelli agrari e loro con-
                tinuità oltre l’età confessionale, si riproduce grazie all’opera di parti-
                colari figure di mediatori socio-culturali che consentono ancora, come
                per il passato, una certa circolarità di saperi e forme tra grande e pic-
                cola tradizione: i ciarlatani, buffoni, cantori di strada, e grazie a mo-
                menti di ritualità collettiva come soprattutto il Carnevale, «festa omo-
                geneizzante». Queste figure e momenti esprimono nel codice del co-
                mico e del riso la cifra fondante della cultura folklorica quale strategia
                di resistenza, di sopravvivenza, ma anche il suo carattere equivoco,
                polisemico .
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                   Lombardi Satriani accosta la lettura dello spazio abitativo popolare,
                segnato da una simbologia mitico-sacrale che codifica la strategia fol-
                klorica della presenza nel mondo , con un filone d’indagine sulla cul-
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                tura aristocratica nella sua dimensione domestico-spaziale. Ripercor-
                rendo la storia degli studi demologici meridionali tra Otto e Novecento
                Lombardi Satriani nota l’appartenenza sociale dei folkloristi all’aristo-
                crazia terriera o alla media borghesia rimaste estranee al Sud, come



                   74  P. Camporesi, Cultura popolare e cultura d’élite fra Medioevo ed età moderna,
                in Storia d’Italia, Annali 4 cit., in particolare pp. 83-99 per le diverse citazioni te-
                stuali riportate.
                   75  In questa direzione, sul canone comico meridionale: R. De Simone, A. Rossi,
                Carnevale si chiamava Vincenzo. Rituali di Carnevale in Campania, Roma, De Luca,
                1977; D. Scafoglio, L.M. Lombardi Satriani, Pulcinella. Il mito e la storia, Milano,
                Leonardo, 1990, nuova ed. Pulcinella, Napoli, Guida, 2015.
                   76  In particolare L.M. Lombardi Satriani, La casa dell’uomo cit.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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