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610 Francesco Campennì
pluralità di contesti locali. Egli riprende dall’antropologia sociale di
Antonio Gramsci e Robert Redfield la separazione tra una cultura
«alta» e una «bassa» o dei «semplici», ovvero tra una cultura delle élites
urbane e un’altra delle popolazioni rurali, e la precisa (secondo i ter-
mini di Redfield) descrivendo una «grande tradizione» come cultura
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chiusa, a sola partecipazione dell’élite e in particolare della sua mino-
ranza colta, e una «piccola tradizione» aperta, dove oltre al basso po-
polo, al popolo «ricco» o «aristocrazia contadina», prende anche parte
l’élite per la sua contiguità di vita con i ceti subalterni in molte aree
d’Europa . Su questo punto in particolare l’impianto teorico di Burke,
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derivato dalla tradizione antropologica britannica, incontra in Italia
mozioni critiche da Ginzburg (che scrive nel luglio 1979 l’Introduzione
all’edizione italiana) e da Piero Camporesi.
Il primo gli rimprovera di desumere il significato dei messaggi cul-
turali a partire dai simboli rituali, e non dalle strutture socio-econo-
mico-istituzionali, di cui quei simboli erano il prodotto ; il secondo gli
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contesta di definire un folklore popolare «in discesa», residuale e peri-
ferico, insomma di scindere con taglio troppo netto le due culture e di
trascurare la specificità del modello culturale agrario, osservato nella
prospettiva urbanocentrica .
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In verità, Burke traccia le linee di contesti culturali a partecipazione
sociale complessa, dove le culture alta e bassa convivono esprimendo
la diversità dei ruoli sociali vissuti, ma anche operando in una possi-
bilità di scambi. Le forme espressive simboliche, oggetto della sua in-
terpretazione, comprendono la vasta gamma dei documenti folklorici:
«performances» (cerimonie, feste, rituali), o meglio «happenings», come
le definisce Burke, in cui una parte è fissata dal ritmo tradizionale ma
come una sorta di canovaccio in cui agisce anche l’improvvisazione dei
partecipanti; e manufatti («artifacts») come abiti, utensili, abitazioni,
immagini, produzioni dell’arte popolare. I dati folklorici comparati
65 R. Redfield, The Little Community: Peasant Society and Culture, Chicago-Lon-
don, University of Chicago Press, 1967, trad. it. La piccola comunità. La società e la
cultura contadina, Introduzione di L. Scaraffia, Torino, Rosenberg & Sellier, 1976.
66 P. Burke, Cultura popolare nell’Europa moderna cit., pp. 31-33.
67 C. Ginzburg, Introduzione a P. Burke, Cultura popolare nell’Europa moderna
cit., pp. I-XV, pp. X, XIII. Ginzburg fa riferimento al concetto di folklore regionale
in rapporto alle strutture produttive locali, come ad esempio nell’impostazione di
Giovanni Levi, Regioni e cultura delle classi popolari, in «Quaderni storici», XIV,
1979, n. 41/2, pp. 720-731; Id., Centro e periferia di uno Stato assoluto. Tre saggi
su Piemonte e Liguria in età moderna, Torino, Rosenberg & Sellier, 1985; Id., L’ere-
dità immateriale. Carriera di un esorcista nel Piemonte del Seicento, Torino, Einaudi,
1985, e con una nuova prefazione dell’autore, Milano, Il Saggiatore, 2020.
68 P. Camporesi, Cultura popolare e cultura d’élite fra Medioevo ed età moderna,
in Storia d’Italia, Annali 4. Intellettuali e potere, a cura di C. Vivanti, Torino, Ei-
naudi, 1981, pp. 79-157, pp. 82-83.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XX - Dicembre 2023
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)