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                pani, vino, formaggi, nuci, mennoli, nuciddi », comandando di man-
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                tenere il letto così addobbato «sino alla mattina» . I cerimoniali erano
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                talvolta portati allo stremo fino ad attribuire ai magàri funzioni sacer-
                dotali. Mastro Paolo «l’orbo», celebre guaritore della città di Polizzi, uti-
                lizzava unguenti di «acqua benedetta, vino et herbi miscelati dentro un
                pignatello » e raccomandava ai parenti del malato di ripetere le un-
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                zioni «per ventidue giorni di seguito», recitando «dodici paternostri ad
                onore di li apostoli» . Inoltre, visite e consulti richiesti da Antonia Tu-
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                lia a due magàri residenti oltre i confini della baronia suggeriscono
                l’esistenza di una sorta di esteso network di guaritori, pronti a tra-
                smettere e condividere saperi. A Polizzi come a Gratteri, i familiari del
                malato (e cioè coloro che avevano richiesto l’intervento del magàro) ve-
                nivano  direttamente  coinvolti  nel  rituale.  In  alcune  occasioni,  essi
                erano chiamati a mettere in atto personalmente i riti di purificazione
                cui avevano assistito . In altre, invece, la strega li obbligava all’esecu-
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                zione di nuove liturgie: ricorreva, per esempio, l’ordine di raccogliere
                «tri petri della cruciata di la via»  e di lanciarle dentro casa non ap-
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                pena l’ammaliatu si fosse risvegliato . Diffuso in tutta l’area delle Ma-
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                donie, anche il cosiddetto miele sposato era tra i farmaci più tipici,
                soprattutto nel caso di malanni che coinvolgessero ragazze . Antonia
                                                                         31
                Tulia era solita miscelarlo a latte di donna e darlo da bere alla giovane
                ammalata, dopo avergliene cosparso il viso e la fronte .
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                   Al pari dei riti curativi, anche gli incantesimi di infezione erano nu-
                merosi e vari. Curiosi furono i metodi con cui nel 1557 Lucia Maurino


                   24  Noci, mandorle, nocciole: cfr. M. Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico
                cit., t. III, pp. 145 e 332-333.
                   25  Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, f. 3v-4r.
                   26  Il termine è l’italianizzazione del siciliano pignateddu, «un vaso del quale si fa il
                profumo». Si veda M. Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico cit., t. IV, p. 102.
                   27  Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, f. 3r-v.
                   28  Ivi, ff. 3v-4v.
                   29  È possibile che il termine cruciata valesse semplicemente per incrocio. Si veda
                la voce cruciari in M. Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico cit., t. I, p. 358.
                   30   Anche  tale  pratica  è  attestata  con  una  certa  frequenza.  Si  vedano  Aspi,
                Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, ff. 4r, 5v-6r, 7r-7v, 9v, 10v-11v,
                   31  Le donne siciliane ottenevano il miele sposato nascondendo un vasetto di
                miele sotto la veste al momento della benedizione nuziale. L’uso del rimedio è at-
                testato in numerosi processi per stregoneria dell’Inquisizione. Si rimanda a M. S.
                Messana, Il Santo Ufficio dell’Inquisizione cit., p. 157.
                   32  A tale trattamento, fu sottoposta (dietro il pagamento di tre tarì) la giovane
                figlia di Giovanna Ferraro: «ditta Antonia dissi ad issa testimunia che fu loco et da
                poi fici curcari sua figlia in terra e la parò di tovagli disignati con paternostro rosso
                allo brazzo et anello d’oro allo dito et da poi li misi di supra una tovaglia di pasta,
                nuci, nuciddi, menduli, pani dell’ascensioni, ciuri di battesimo et da poi pigliao
                meli sposato et latti di donna et lo miscao insemi et ci fici con quello cannucci alla
                bocca et alla fronti» (cfr. Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, ff. 7r-v).



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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