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                amministrato, nessuno dei sudditi osò deporre contro il barone . Il
                                                                               51
                vescovo di Cefalù giunse a scomunicarlo «per non aver voluto obbedire
                a  li  suoi  ordini»  e  la  medesima  sorte  toccò  presto  al  cappellano  di
                Isnello . Il barone ed il prete erano colpevoli di voler proteggere una
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                tradizione popolare giudicata stregonesca, ‘u mazzuni di San Giovanni,
                di cui il tribunale episcopale pretendeva l’immediata sospensione . La
                                                                               53
                notte del 24 giugno 1610 il vicario curato di Isnello notò un gruppo di
                donne intente ad abbellire un cesto pieno d’acqua con «una tovaglia
                rossa e fogli di verdura». Cantavano «certe canzone», disposte attorno
                al mazzuni, spogliandosi a turno e immergendosi nude nell’acqua. Il
                sacerdote, improvvisamente atterrito dall’incubo collettivo del sabba,
                inviò due chierici perché ordinassero alle donne di interrompere il rito
                e ne proibì qualunque imitazione . Don Arnaldo, informato dei fatti,
                                                54


                   51  Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 5, f. 3r. Arnaldo III Santacolomba e
                Gueci, nipote di Simone ed Elena, figlio di Pietro, si era investito della baronia alla
                morte del padre nell’ottobre 1597 (cfr. Asp, Conservatoria di registro, Investiture,
                1596-1606, f. 23v).
                   52  Per l’atto di scomunica dei due si veda Asdc, Fondo Curia, Busta 69, n. 234,
                ff. 163r-v.
                   53  Il costume fu, invece, destinato a grande longevità ed era attestato a Isnello
                almeno fino alla prima metà del Novecento. La notte tra il 23 e il 24 giugno, vigilia
                della festa di San Giovanni, era dedicata «dal popolino a farsi cumpari e cummari»:
                chiunque volesse invitare qualcuno a stringere vincolo di cumparanza (cumpari è
                nell’uso siciliano generico chi «tiene altrui a battesimo e a cresima»: cfr. M. Pasqua-
                lino, Vocabolario siciliano etimologico cit., t. I, p. 374) era tenuto a preparare un
                canestro, adornarlo di spighe, fiori, frutta e dolci, e consegnarlo «ad una giovinetta
                ben vestita» perché lo recapitasse al destinatario. La fanciulla reggeva il variopinto
                mazzuni, scortata da cantori e danzatori improvvisati. Si veda C. Grisanti, Folklore
                di Isnello, Sellerio, Palermo, 1981, pp. 75-76.
                   54  È impossibile enumerare in maniera esaustiva la letteratura scientifica de-
                dicata al fenomeno del sabba. Per un primo approccio al tema, è quasi essenziale
                la lettura di N. Cohn, I demoni dentro. Le origini del sabba e la grande caccia alle
                streghe, Unicopli, Milano, 1997 e di C. Ginzburg, Storia notturna. Una decifra-
                zione del sabba, Einaudi, Torino, 1989. Si deve tener presente, però, che le In-
                quisizioni mediterranee furono sempre molto «scettiche» e comunque meno inte-
                ressate al fenomeno rispetto ai tribunali laici dell’Europa centrale, presso cui il
                sabba era diventato una vera e propria ossessione: cfr. O. Di Simplicio, L’Inqui-
                sizione a Siena. I processi di stregoneria (1580-1721), in «Studi Storici», anno 40
                n. 4 (1999), pp.1096-1101, ma anche A. Del Col, La persecuzione della stregone-
                ria in Italia dal medioevo all’età moderna cit., pp. 18-24. In Sicilia, non v’è traccia
                storica di un vero e proprio sabba di evocazione diabolica (cfr. M. S. Messana,
                Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna cit., pp. 60-62), ma spesso
                le riunioni delle donne di fora sono state paragonate ad una forma arcaica di
                sabba: cfr. G. Henningsen, Le donne di fuori. Un modello arcaico del sabba, in
                «Archivio Storico Mediterraneo», anno I n. 0 (1998). Più recenti ricerche hanno,
                inoltre, messo in luce l’esistenza di una setta di oltre 15 ecclesiastici, quasi esclu-
                sivamente uomini, che si riunivano su Monte Pellegrino, presso Palermo, e pra-
                ticavano  orge  per  adorare  il  diavolo  e  richiederne  la  presenza:  si  veda  M.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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