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106 Andrea Profeta
amministrato, nessuno dei sudditi osò deporre contro il barone . Il
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vescovo di Cefalù giunse a scomunicarlo «per non aver voluto obbedire
a li suoi ordini» e la medesima sorte toccò presto al cappellano di
Isnello . Il barone ed il prete erano colpevoli di voler proteggere una
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tradizione popolare giudicata stregonesca, ‘u mazzuni di San Giovanni,
di cui il tribunale episcopale pretendeva l’immediata sospensione . La
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notte del 24 giugno 1610 il vicario curato di Isnello notò un gruppo di
donne intente ad abbellire un cesto pieno d’acqua con «una tovaglia
rossa e fogli di verdura». Cantavano «certe canzone», disposte attorno
al mazzuni, spogliandosi a turno e immergendosi nude nell’acqua. Il
sacerdote, improvvisamente atterrito dall’incubo collettivo del sabba,
inviò due chierici perché ordinassero alle donne di interrompere il rito
e ne proibì qualunque imitazione . Don Arnaldo, informato dei fatti,
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51 Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 5, f. 3r. Arnaldo III Santacolomba e
Gueci, nipote di Simone ed Elena, figlio di Pietro, si era investito della baronia alla
morte del padre nell’ottobre 1597 (cfr. Asp, Conservatoria di registro, Investiture,
1596-1606, f. 23v).
52 Per l’atto di scomunica dei due si veda Asdc, Fondo Curia, Busta 69, n. 234,
ff. 163r-v.
53 Il costume fu, invece, destinato a grande longevità ed era attestato a Isnello
almeno fino alla prima metà del Novecento. La notte tra il 23 e il 24 giugno, vigilia
della festa di San Giovanni, era dedicata «dal popolino a farsi cumpari e cummari»:
chiunque volesse invitare qualcuno a stringere vincolo di cumparanza (cumpari è
nell’uso siciliano generico chi «tiene altrui a battesimo e a cresima»: cfr. M. Pasqua-
lino, Vocabolario siciliano etimologico cit., t. I, p. 374) era tenuto a preparare un
canestro, adornarlo di spighe, fiori, frutta e dolci, e consegnarlo «ad una giovinetta
ben vestita» perché lo recapitasse al destinatario. La fanciulla reggeva il variopinto
mazzuni, scortata da cantori e danzatori improvvisati. Si veda C. Grisanti, Folklore
di Isnello, Sellerio, Palermo, 1981, pp. 75-76.
54 È impossibile enumerare in maniera esaustiva la letteratura scientifica de-
dicata al fenomeno del sabba. Per un primo approccio al tema, è quasi essenziale
la lettura di N. Cohn, I demoni dentro. Le origini del sabba e la grande caccia alle
streghe, Unicopli, Milano, 1997 e di C. Ginzburg, Storia notturna. Una decifra-
zione del sabba, Einaudi, Torino, 1989. Si deve tener presente, però, che le In-
quisizioni mediterranee furono sempre molto «scettiche» e comunque meno inte-
ressate al fenomeno rispetto ai tribunali laici dell’Europa centrale, presso cui il
sabba era diventato una vera e propria ossessione: cfr. O. Di Simplicio, L’Inqui-
sizione a Siena. I processi di stregoneria (1580-1721), in «Studi Storici», anno 40
n. 4 (1999), pp.1096-1101, ma anche A. Del Col, La persecuzione della stregone-
ria in Italia dal medioevo all’età moderna cit., pp. 18-24. In Sicilia, non v’è traccia
storica di un vero e proprio sabba di evocazione diabolica (cfr. M. S. Messana,
Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna cit., pp. 60-62), ma spesso
le riunioni delle donne di fora sono state paragonate ad una forma arcaica di
sabba: cfr. G. Henningsen, Le donne di fuori. Un modello arcaico del sabba, in
«Archivio Storico Mediterraneo», anno I n. 0 (1998). Più recenti ricerche hanno,
inoltre, messo in luce l’esistenza di una setta di oltre 15 ecclesiastici, quasi esclu-
sivamente uomini, che si riunivano su Monte Pellegrino, presso Palermo, e pra-
ticavano orge per adorare il diavolo e richiederne la presenza: si veda M.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)