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                sottoposto  la  birritta   del  suo  denunciatore,  dimostrano  come  le
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                istanze dei tribunali si potessero piegare a esigenze di parte, sempli-
                cemente acquisendo la conoscenza del più comune tra gli incantesimi
                delle magàre di Sicilia.


                3. Gli avvocati delle streghe: Il processo difensivo

                   In una piccola città feudale del primo Seicento, la professione legale
                non contava molti esponenti. Forse per questo, le streghe di Isnello si
                rivolsero tutte ad avvocati afferenti alla corte episcopale, come atte-
                stano le ricorrenti diciture hærarius o hærarius dictae Curtis accanto
                alla menzione dei difensori delle imputate . È difficile determinare se
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                le magàre avessero scelto personalmente il proprio patronus o se, dopo
                aver dimostrato di poterne pagare l’onorario, avessero atteso un’asse-
                gnazione d’ufficio da parte della Curia . Gran parte del lavoro difen-
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                sivo fu costituito dalla stesura di una lunga memoria, redatta in latino
                e italiano, di cui resta traccia solo nei fascicoli dei processi contro An-
                tonia Tulia e Paola Laparo.
                   Gli atti di difesa, titolati e riassunti nella formula canonica «excep-
                tiones, defensiones et iura», furono entrambi spiegati «in Magna Epi-
                scopali Curti Cefaludi» . È probabile che la Corte Spirituale di Isnello
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                funzionasse esclusivamente come foro offensivo o informativo e che,


                   62  Il termine birritta, «copertura del capo fatta in varie fogge e di varie materie»,
                vale per cappello. Si rinvia a M. Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico cit., t.
                I, p. 201.
                   63  Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, ff. 4v-5v; D. 6, f. 1v; D. 7, f. 6r;
                D. 8, f. 1r. Nella legislazione siciliana, l’uso del termine è ampiamente attestato
                come affine al fiscale, rappresentante del fisco e cioè della Curia (cfr. M. Conver-
                sano, Commentaria super ritu Regni Siciliae, scribentium quae in Curiis ad decisio-
                nem causarum necessaria ante amnuscripta ab omnibus allegabantur, apud Ange-
                lum Orlandi et Decium Cyrullum, Palermo, 1614, pp. 54a, 67a, 132a). A Cefalù,
                in particolare, si definiva hærarius il solo difensore, mentre fiscalis era il procurator
                che guidava l’accusa. Valga per tutti gli altri l’esempio di Asdc, Fondo Curia, Set-
                tore Giudiziario, Processi criminali, s. 541 n. 20, dove il procuratore del vescovo è
                più volte definito «fiscale» (ff. 1r-v, 5v-6r, 8v, 10v, 11v, 16v, 30v, 31v, 33r-v, 34) e
                il difensore sempre menzionato come «Hær.» da hærarius o «Adv.» da advocatus (ff.
                10v, 16v, 32v, 34v).
                   64  Secondo la prassi italiana dei giudizi ante Ecclesiam, l’ufficio del procuratore
                (nell’intento di salvaguardare il diritto di tutela) poteva incaricarsi di nominare il
                difensore del reo, a meno che il prosecutus non volesse rivolgersi a un professioni-
                sta di sua fiducia. Il pagamento del servizio spettava in ogni caso all’imputato. Si
                veda F. Serpico, Storie di ordinaria inquisizione. L’avvocato e la difesa nel processo
                di fede in una raccolta napoletana del tardo Seicento,  in  «Historia  et  ius»,  n.  11
                (2017), pp. 6-7.
                   65  Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, f. 13v e D. 7, f. 6r.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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