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Le streghe di Isnello. La magia come crimine nelle Madonie d’antico regime 113
loco carceris», senza il permesso di uscire «die nec nocte»; ad Antonia fu
prescritto il domicilio coatto. La violazione di tali mandati sarebbe co-
stata ad ambedue il versamento di 25 onze al tesoro episcopale .
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Perna Coccìa subì la condanna d’esilio a settembre: il vicario la
«sfrattava di questa nostra diocesi», fissando a due settimane il ter-
mine di esecuzione del bando. La strega, tornata a Isnello sul finire del
mese precedente, aveva già subìto la gogna durante «lo giorno di festa»,
in ginocchio di fronte alla chiesa parrocchiale «cum candela accensa
in manibus et capite discoperto» .
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Antonia Tulia restò confinata in casa per quasi tre mesi. Aveva
scritto più volte al vescovo Mira, implorandolo di concederle la grazia
e respingendo ogni accusa. Il 5 ottobre 1607, tuttavia, la donna fu
giudicata colpevole e condotta a Cefalù per subire la pubblica fustiga-
zione «cum verberibus» . Il verdetto fu emesso quattro giorni dopo: la
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guaritrice dovette «andare al disterro» con l’obbligo di risiedere ad al-
meno 50 miglia di distanza dalla diocesi. Le furono concessi due soli
giorni «ad colligendas sarcinulas» . I termini previsti si rivelano inso-
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litamente brevi, se rapportati a quelli di molti altri esili disposti dallo
stesso tribunale, ma l’attribuzione di un lasso di tempo così esiguo
potrebbe non originare da una svolta di improvviso rigore quanto piut-
tosto da «un certo garantismo» del diritto comune, occasionalmente
solerte rispetto ai diritti del condannato . Lo confermerebbe una let-
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tera inviata dal vicario del vescovo al curato di Isnello, i cui ordini –
nell’intento di salvaguardare l’incolumità della strega dall’euforia for-
caiola degli abitanti del feudo – specificavano di limitarne la perma-
nenza al tempo strettamente necessario .
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84 Per le iniunctiones si veda ivi, n. 231, ff. 184r-v. La custodia preventiva era
una caratteristica ordinaria del processo penale d’antico regime ed è abitualmente
riscontrabile nella prassi dei tribunali diocesani di Sicilia che, il più delle volte, non
ricorrevano a ingiunzioni per giustificare la misura a Cefalù (cfr. Asdc, Fondo Cu-
ria, Settore Giudiziario, Processi criminali, s. 540, n. 18) come a Malta (Cem, Acta
Originalia, Vol. 484, D. 51; Vol. 485, D. 3; Vol. 488, DD. 6 e 25; Vol. 492, D. 17;
Vol. 493, D. 31; Vol. 505, D. 2; Vol. 513, D. 5; Vol. 514, D. 10). Per l’ordinarietà
della misura cautelare si veda E. Dezza, Lezioni di storia del processo penale cit.,
pp. 91-92.
85 Asdc, Fondo Curia, Busta 69, n. 232, ff. 2r-2v.
86 Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, ff. 1r-2v.
87 Asdc, Fondo Curia, Busta 69, n. 232, ff. 9v-10r.
88 Nel 1629, un presunto stupratore fu bandito per ordine del vescovo Muniera
e ottenne dieci di giorni di tempo ad colligendum, poi differiti a un mese dietro
espressa richiesta del condannato (cfr. ivi, Settore Giudiziario, Processi criminali,
s. 541, n. 20, f. 7v). Per il garantismo del diritto comune si veda M. Ascheri, Il
processo civile tra diritto comune e diritto locale: da questioni preliminari al caso
della giustizia estense, in «Quaderni storici», vol. 34, n. 101 (1999), p. 359.
89 Asdc, Fondo Curia, Busta 69, n. 232, f. 10v.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)