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                Conclusioni

                   Le ricerche hanno indotto numerosi storici a definire il maleficium
                come un «vero crimine di vicinato» . Tensioni personali, liti familiari,
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                rivalità: ogni genere di dissidio poteva contribuire alla «costruzione di
                una strega» e rappresentare la genesi di un caso giudiziario . I capi
                                                                           91
                d’accusa mossi contro Paola Laparo rivelano con facilità le ragioni pri-
                vate della sua citazione in giudizio, ma persino i procedimenti iniziati
                ex officio potevano avere simili origini. L’iniziativa penale del tribunale
                si doveva sempre a una delazione, più o meno spontanea e abitual-
                mente anonima. Solo in questo modo, il procuratore aveva licenza di
                avviare motu proprio un processo, giustificandone l’istruzione con for-
                mule volutamente ambigue (come «giunge fondata accusa a quest’offi-
                cio» ) ricorrenti anche in Sicilia . È molto improbabile che gli attori
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                sociali delle comunità d’antico regime, tutti abituati all’uso di sortilegi,
                si presentassero come accusatori per mero senso civico. A qualsiasi
                latitudine d’Europa, i conflitti tra vicini sono considerati tra le princi-
                pali cause di inquisizioni e carcerazioni di streghe .
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                   Un uso così strumentale della giustizia è pienamente attestabile an-
                che a Isnello e Cefalù: il cappellano della chiesa madre ottenne un sor-
                tilegio di guarigione da Antonia Tulia nel 1597, ma si presentò a deporre
                contro di lei dieci anni dopo; allo stesso modo il notaio testimoniò per
                l’accusa otto anni dopo il fatto delittuoso; un’altra teste a quattro anni
                di distanza e, ancora, altre due almeno un anno più tardi . Lo iato cro-
                                                                      95
                nologico tra fatto e testimonianza è talmente ampio da suggerire una
                mancata corrispondenza del sortilegio con la sua percezione in quanto
                crimine pubblico. Le guaritrici erano di certo integrate tra i sudditi dei



                   90  La definizione è tratta da O. Di Simplicio, L’Inquisizione a Siena. I processi di
                stregoneria (1580-1721) in «Studi Storici», anno 40 n. 4 (1999), p. 1096.
                   91  L’espressione «making of a witch» è di K. Thomas, Religion and the Decline of
                Magic: Studies in Popular Beliefs in Sixteenth and Seventeenth century in England,
                Scribner, New York, 1971, p. 502.
                   92  L’uso della formula è attestato in numerose istruzioni processuali avviate ex
                officio da tribunali ecclesiastici. Si veda, per esempio, M. Bellabarba, I processi per
                adulterio nell’Archivio Diocesano Tridentino (XVII-XVIII secolo) in S. Menchi, D. Qua-
                glioni (a cura di), Trasgressioni. Seduzione, concubinato, adulterio, bigamia (XIV-
                XVIII secolo) cit., pp. 219-220.
                   93  Presso il foro di Malta, per esempio, si può riscontrare l’uso della formula in
                lingua latina («Ex quo pervenit ad notitiam Curtis»), usata con scopi identici ri-
                spetto alla prassi del tribunale di Trento. Si veda Cem, Acta Originalia, Vol. 484,
                D. 35, f. 134r).
                   94   W.  Bheringer,  Witchcraft  Persecutions  in  Bavaria:  Popular  magic,  religious
                zealotry and reason of state in Early Modern Europe, Cambridge University Press,
                Cambridge, 1997, p. 180
                   95  Si vedano Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, ff. 4r-7v.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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