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114 Andrea Profeta
Conclusioni
Le ricerche hanno indotto numerosi storici a definire il maleficium
come un «vero crimine di vicinato» . Tensioni personali, liti familiari,
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rivalità: ogni genere di dissidio poteva contribuire alla «costruzione di
una strega» e rappresentare la genesi di un caso giudiziario . I capi
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d’accusa mossi contro Paola Laparo rivelano con facilità le ragioni pri-
vate della sua citazione in giudizio, ma persino i procedimenti iniziati
ex officio potevano avere simili origini. L’iniziativa penale del tribunale
si doveva sempre a una delazione, più o meno spontanea e abitual-
mente anonima. Solo in questo modo, il procuratore aveva licenza di
avviare motu proprio un processo, giustificandone l’istruzione con for-
mule volutamente ambigue (come «giunge fondata accusa a quest’offi-
cio» ) ricorrenti anche in Sicilia . È molto improbabile che gli attori
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sociali delle comunità d’antico regime, tutti abituati all’uso di sortilegi,
si presentassero come accusatori per mero senso civico. A qualsiasi
latitudine d’Europa, i conflitti tra vicini sono considerati tra le princi-
pali cause di inquisizioni e carcerazioni di streghe .
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Un uso così strumentale della giustizia è pienamente attestabile an-
che a Isnello e Cefalù: il cappellano della chiesa madre ottenne un sor-
tilegio di guarigione da Antonia Tulia nel 1597, ma si presentò a deporre
contro di lei dieci anni dopo; allo stesso modo il notaio testimoniò per
l’accusa otto anni dopo il fatto delittuoso; un’altra teste a quattro anni
di distanza e, ancora, altre due almeno un anno più tardi . Lo iato cro-
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nologico tra fatto e testimonianza è talmente ampio da suggerire una
mancata corrispondenza del sortilegio con la sua percezione in quanto
crimine pubblico. Le guaritrici erano di certo integrate tra i sudditi dei
90 La definizione è tratta da O. Di Simplicio, L’Inquisizione a Siena. I processi di
stregoneria (1580-1721) in «Studi Storici», anno 40 n. 4 (1999), p. 1096.
91 L’espressione «making of a witch» è di K. Thomas, Religion and the Decline of
Magic: Studies in Popular Beliefs in Sixteenth and Seventeenth century in England,
Scribner, New York, 1971, p. 502.
92 L’uso della formula è attestato in numerose istruzioni processuali avviate ex
officio da tribunali ecclesiastici. Si veda, per esempio, M. Bellabarba, I processi per
adulterio nell’Archivio Diocesano Tridentino (XVII-XVIII secolo) in S. Menchi, D. Qua-
glioni (a cura di), Trasgressioni. Seduzione, concubinato, adulterio, bigamia (XIV-
XVIII secolo) cit., pp. 219-220.
93 Presso il foro di Malta, per esempio, si può riscontrare l’uso della formula in
lingua latina («Ex quo pervenit ad notitiam Curtis»), usata con scopi identici ri-
spetto alla prassi del tribunale di Trento. Si veda Cem, Acta Originalia, Vol. 484,
D. 35, f. 134r).
94 W. Bheringer, Witchcraft Persecutions in Bavaria: Popular magic, religious
zealotry and reason of state in Early Modern Europe, Cambridge University Press,
Cambridge, 1997, p. 180
95 Si vedano Aspi, Chiesa Madre, Sez. 3, s. 5, n. 6, D. 3, ff. 4r-7v.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)