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                pliare la cerchia delle loro conoscenze professionali, andavano a conso-
                lidare un rapporto d’affari già in essere nei rispettivi libri contabili, di
                cui il tirocinante rappresentava la garanzia di prosecuzione. Il ‘giovane’
                mandato presso un banco lontano con il quale si collaborava, assolveva
                altresì alla funzione di vigilare con discrezione sul suo «maggiore» e ri-
                ferirne a casa le mosse.
                   La ricca corrispondenza privata del Garzoni ci consente di seguire la
                formazione professionale dei ‘giovani’ ancor prima del loro arrivo in An-
                dalusia. Difatti, la primissima preparazione didattico-scolastica avve-
                niva generalmente in patria, entro le mura familiari. Scrivendo a Lucca,
                Garzoni si raccomanda continuamente con la sorella di un socio affin-
                ché insegni ai due figli di lei, Giovan e Giovan Carlo Forteguerra, en-
                trambi destinati al suo servizio, gli «erudimenti» necessari, ossia «la lin-
                gua latina, il scrivere e conteggiar bene» . Aggiunge di porre la massima
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                premura nello stimolarli, poiché senza tali requisiti, propedeutici alle
                mansioni che li attendono sul posto di lavoro, la loro persona «potrebe
                aiutarmi a’ poco e saria tropo dificile l’havere a coltivare la pianta dalle
                prime radici» . Tuttavia sappiamo che oltre all’insegnamento impartito
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                a casa, comprensivo del latino a quanto pare ancora utile allora, uno
                dei due a Siviglia sarebbe stato seguito da un maestro per l’apprendi-
                mento della scrittura e del calcolo .
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                   Per i novizi ci è nota l’età al momento della loro partenza per la
                Spagna. Questa si attestava tra i tredici e i quattordici anni, benché
                almeno  in  un’occasione  Garzoni  arrivi  a  consigliare  di  aspettare  il
                compimento dei quindici anni prima di esporre il giovane agli inco-
                modi del mare .
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                   Assolte queste condizioni, il resto della formazione del giovane rica-
                deva interamente sulle spalle del direttore d’azienda e si poteva proce-
                dere con l’«incaminamento»: il lungo viaggio per mare. Durava media-
                mente tra i trenta e i quaranta giorni e dovette costituire un vero e pro-
                prio ‘battesimo del fuoco’ per i novizi. L’imbarco avveniva a Genova o a
                Livorno su navi inglesi, olandesi, ma più spesso genovesi dirette a Ca-
                dice, con tutti i rischi connessi alle condizioni metereologiche, avverse
                al pari delle correnti dello Stretto di Gibilterra. Capitava poi che data
                l’inesperienza del giovane in arrivo, il lucchese lo raccomandasse al ca-
                pitano della nave, a garanzia del buon esito del viaggio. Una volta nella
                baia, la solidarietà nazionale li assicurava alle cure dei connazionali
                «Buonfigli-Gualanducci  &  C.»  per  un  breve  periodo,  prima  di  esser


                   30  Asl, Archivio Garzoni, 62, n. 324, Siviglia-Lucca, Paolo Garzoni a Sebastiano
                Vanni, 18 aprile 1679, cc. n.n.
                   31  Ivi, n. 343, 25 giugno 1680, cc. n.n.
                   32  Ivi, n. 348, 1° ottobre 1680, cc. n.n.
                   33  Nei documenti analizzati non si fa cenno alla pratica di emancipare i giovani
                prima di inviarli all’estero, cfr. R. Mazzei, Itinera mercatorum cit, p. 132.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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