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132 Carlo Bartalucci
che inizialmente avevano disorientato lui stesso, ora tornava utile a chi
operava in suo nome. Ma le ‘contaminazioni’ culturali non sempre re-
cavano beneficio visto che uno dei pericoli maggiori per questi ‘giovani’
era costituito dalla vanità e cavalleria di stampo tipicamente spagnolo,
che permeavano quella società. Per esempio darsi al «cavaliero» era con-
siderato poco professionale, laddove la condotta di un dipendente, al
contrario, doveva essere improntata alla massima sobrietà e serietà;
immagine quest’ultima, da proiettare anche all’esterno.
D’altronde l’ambiente cosmopolita di Cadice e Siviglia dovette essere
un mondo stimolante e vivace, per certi versi pieno di tentazioni per un
giovane, avvertito da Garzoni come una minaccia: «questo Paese per li
giovani è pericolosissimo sendovi troppo grandi e comode le occasioni
per rovinarsi» . Il riferimento ci è sconosciuto, ma sappiamo che tra i
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costumi del luogo vi era quello di condurre in casa «feminelle», con il
rischio di dare adito a qualche «scandalo femenino» .
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La prima occupazione di un giovane appena giunto in Spagna era
quella di scrivere lettere sotto dettatura del direttore; solo dopo aver
solidamente acquisito quell’esercizio si veniva introdotti gradualmente
«al maneggio de’ libri», ovvero scrivere le lettere di proprio pugno, sbri-
gare quelle in arrivo e in partenza nei copialettere e tenere i libri conta-
bili. Se queste erano le mansioni svolte all’interno del negozio,
all’esterno le loro incombenze erano legate principalmente ai dispacci
della dogana, alla consegna di mercanzie e alla riscossione di crediti.
Certo dovette essere più di un apprendista quel Nicola Saminiati luc-
chese, che rogando nel 1700 dichiarava di aver lavorato per i fiorentini
Ginori di Cadice ventisei o ventotto anni, da loro impiegato «en las dili-
gencias personales que se han ofrecido asi en las sacas de despachos
de la Real Aduana de esta ciudad como en otras cosas consermentes a
sus dependencias» .
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Tra i componenti del personale che vediamo avvicendarsi con buona
frequenza, non ravvisiamo comunque una distinzione netta dei compiti,
piuttosto veniva loro richiesta la massima flessibilità . E questa poteva
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39 Ivi, n. 213, Cadice-Lucca, 20 luglio 1673, cc. n.n.
40 Ivi, n. 343, Siviglia-Lucca, Paolo Garzoni a Andrea Garzoni, 25 luglio 1680, cc.
n.n.; per un riferimento all’importanza dell’onore e del credito per il mercante gadi-
tano dell’epoca, cfr. M. Bustos Rodríguez, Un comerciante saboyano en el Cádiz de
Carlos II. (Las memorias de Raimundo de Lantery), Caja de Ahorros de Cádiz, Cádiz,
1983, pp. 61-62.
41 Apc, Protocolos, vol. 3757, Testamento, Nicola Saminiati, cc. 230r-232v, 22
settembre 1700, cit. in C. Bartalucci, Dal Mediterraneo cit, p. 56.
42 Garzoni lamentava la mancanza «di un figliolotto che venga con animo di tra-
vagliare nelle cose più ordinarie del negozio, e di andare ancora a provedere la casa
e comprar la carne quando occorresse che il servitore fosse infermo o assente […]»,
Asl, Archivio Garzoni, 62, n. 234, Siviglia-Lucca, Paolo Garzoni a Andrea Garzoni, 7
settembre 1677, cc. n.n.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)