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136 Carlo Bartalucci
ragazzi non erano infatti esenti, al pari degli altri, da gravi malattie,
anche mortali. Della perdita del giovane Giovan Forteguerra, Garzoni
dette conto in patria con lettere strazianti; ma subito avrebbe richiesto
l’invio dell’altro Forteguerra, il fratello minore Giovan Carlo, per far
fronte alle incessanti occupazioni del negozio .
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Nel corso di quasi un ventennio il lucchese lamenterà frequente-
mente in patria la mancanza di ‘giovani’ per assolvere ai continui impe-
gni del banco, che subivano un ulteriore aggravio in concomitanza
dell’arrivo del «corriero di Italia», quando, cioè, si doveva trascrivere la
copiosa posta proveniente dalla Penisola. La loro assenza, dovuta al
momentaneo ritorno a Lucca, a qualche incarico affidatogli o alla loro
indisposizione, risultava così molto onerosa per l’intera l’azienda .
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La mobilità di questo personale toscano concorse a connettere il
mare nostrum con l’Atlantico spagnolo. Ne vediamo di più esperti at-
tendere a Genova nave inglese, magari per accompagnare un novizio
nel suo primo viaggio verso Siviglia e, nell’attesa, approfittarne per
farlo esercitare a scrivere e far di conto . Li riconosciamo quali tra-
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miti culturali nella misura in cui concorsero alla circolazione di sa-
peri e beni coloniali sull’asse Cadice-Livorno: argenterie e beni di
lusso come il cioccolato tanto di moda, spediti orgogliosamente a
casa a conferma del buon esito del loro percorso individuale . Come
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i loro «maggiori», danno conto in patria del Paese che li ha accolti; si
stupiscono dei costumi del luogo e riportano ai congiunti notizie sul
loro processo di integrazione nelle grandi città coloniali, fornendo
vivide testimonianze su quelle realtà. Dipingono lo scenario deca-
dente di una Siviglia prostrata dalle alluvioni, dalla carestia e dal
contagio e, appena giunti a Cadice, osservano stupefatti gli impo-
nenti allestimenti dei dispacci di flotta, quando i mercanti più esperti
non possono attendere a loro, tutti presi da una frenetica attività
mercantile .
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57 «Mi trovo nella maggiore afflittione del Mondo per la pericolosa infermità di
Forteguerra che già 12 giorni sono lo sorprese con fiebre ardentissima che dopoi
passò a malitiarsi vomitando petecchie et una paratoda che sin hora non si può
ridurre, egli già tiene sopra il debilitato corpo dieci sangrie, sanguisuole, ventose
safade e finalmente il claustico o siano vescigatori; ha ricevuto tutti li sacramenti
[…]», ivi, n. 376, Paolo Garzoni a Sebastiano Vanni, 9 maggio 1684, cc. n.n.
58 Sulla necessità di Francioni di tornare in patria per la morte del padre, Garzoni
commentava: «cosa che la sento assai perché questo è un giovine già maturo che ha
preso gran pratica delli negotii di qui», ivi, n. 378, 7 novembre 1684, cc. n.n.
59 Ibidem.
60 Ivi, n. 226, Paolo Garzoni a Andrea Garzoni, 3 novembre 1676, cc. n.n.
61 Ivi, nn. 81 e 85, Giovan Forteguerra a Sebastiano Vanni, 6 luglio 1680 e 15
febbraio 1684, cc. n.n.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)