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                Ciò faceva pensare che si trattava solo di qualche privilegio esclusivo,
                senza voler effettivamente alterare o modificare la propria politica eco-
                nomica in materia di legislazione fiscale. Sulla base di ciò, le relazioni
                commerciali tra i due paesi offrivano molti punti su cui poter avviare
                una negoziazione. I componenti della commissione ricordavano che già
                nel 1823 era stato proposto al governo napoletano di porre le bandiere
                delle rispettive marine sullo stesso piano; mentre molti paesi avevano
                accettato, il governo napoletano aveva rifiutato. Nel 1827 il console
                britannico a Napoli aveva informato il Foreign Office che i bastimenti
                napoletani esportavano olio in Gran Bretagna pagando meno dei ba-
                stimenti inglesi; ciò induceva il governo inglese ad imporre dazi addi-
                zionali sull’importazione di oli su navi napoletane nel Regno Unito .
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                Era opinione della commissione che, stipulando un nuovo trattato, il
                governo napoletano poteva ottenere i vantaggi richiesti, e porre fine a
                questo sistema di inutile guerra commerciale, come nel caso dell’olio,
                in cui i vantaggi erano garantiti ad un solo paese.
                    Il  sistema  fiscale  napoletano  non  offriva  molte  opportunità  per
                una crescita delle relazioni commerciali; la maggior parte degli articoli
                di produzione britannica, di importanza rilevante per il commercio con
                il Regno delle Due Sicilie, erano colpiti da dazi esorbitanti. Ciò dan-
                neggiava non solo il commercio, ma anche il mercato napoletano, in
                quanto, una tassazione meno elevata, poteva far abbassare i prezzi dei
                prodotti. Tali prodotti erano, principalmente, i pesci salati, che paga-
                vano un dazio che arrivava anche al 100% del valore; ciò aveva deter-
                minato un calo del suo consumo tra il 60-70%. Altri pesci, come sar-
                dine e aringhe, pagavano dazi d’ingresso enormi. Lo zucchero aveva
                un  dazio  del  57%,  che,  in  alcuni  casi,  poteva  raggiungere  anche  il
                150% del suo valore.
                    Il dazio sul ferro variava da 100 al 115% del suo valore e le barre
                di stagno erano ugualmente tassate; i prodotti di cotone e lana britan-
                nica erano tassati allo stesso modo. Nonostante ciò – proseguiva il re-
                port della commissione – molti dazi che colpivano i prodotti napoletani
                in Gran Bretagna erano stati ridotti: barilla da 11£ per tonnellata a
                2£, lo zolfo dal 15% per tonnellata al 10%, la seta greggia veniva esen-
                tata, il vino dal 7% all’1% al gallone, dando grandi benefici al commer-
                cio  napoletano .  In  conclusione,  i  componenti  del  Board  of  Trade
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                erano dell’opinione che il governo napoletano doveva dimostrare di es-
                sere disposto a rivedere i propri dazi e ad introdurre misure più libe-
                rali; in tal caso la commissione avrebbe sollecitato il Parlamento ad
                adottare misure vantaggiose nei confronti del Regno delle Due Sicilie.


                   72  Ivi, p. 12.
                   73  Ivi, p. 14.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XXI - Aprile 2024
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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