Page 204 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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                 annientamento della potenza ottomana, di una definitiva vittoria. Cia-
                 scun combattente della parte vincitrice poté appropriarsi di ciò che
                 aveva personalmente sottratto ad un nemico catturato. Al coman-
                 dante in capo, don Giovanni d’Austria, toccava un decimo di tutto il
                 bottino, insieme al diritto di assegnare a sua discrezione ai più valo-
                 rosi combattenti singoli oggetti; a questa procedura di spartizione si
                 oppose invano il comandante veneziano Sebastiano Veniero che in
                 nome dell’alleanza della Lega reclamava una spartizione proporzio-
                 nale dell’intero bottino, costituito da galere, galeotte, cannoni, arti-
                 glieria, armi minori, munizioni, schiavi. Alle migliaia di uomini al
                 remo, quale motore delle galere, Hanns presta particolare attenzione:
                 in gran numero erano schiavi provenienti dalla parte avversa, altri
                 erano uomini liberi volontariamente ingaggiatisi per un compenso
                 (buonavoglia), altri ancora condannati da tribunali o da chi ne aveva
                 il potere a periodi di ‘galera’, un anno-due, di più, al massimo una
                 decina, altrimenti sarebbe stato equivalente ad una condanna a
                 morte (questo ampio discorso a proposito di uomini e di cose si intrec-
                 cia nelle pagine 287-541).
                    Ad un altro aspetto ancora del dopo Lepanto, Stefan Hanns ha
                 dedicato infatti un particolare impegno di ricerca: la sorte degli uomini
                 al remo sulle galere, europee ed ottomano-maghrebine confrontatesi
                 nella battaglia, le più umili comparse nella scena della grandiosa bat-
                 taglia, alcune migliaia caduti in schiavitù, altri per contro liberati; una
                 svolta imprevista nella vita di coloro che militavano come musulmani,
                 ma lo erano diventati per una scelta, più o meno recente, di abban-
                 dono della fede cristiana, i cosiddetti rinnegati. Un’altra componente
                 della ciurma al remo è giustamente ricordata nella rassegna degli
                 esseri umani in qualche modo ‘merce’ o ‘attrezzi’ nella gestione delle
                 galere e dunque nella conduzione della battaglia: i forzati, uomini con-
                 dannati al remo da una sentenza in conseguenza di una qualche
                 colpa, per un periodo di qualche anno, al massimo di una decina. Nel-
                 l’impiego e nel trattamento non vi era quasi alcuna differenza fra
                 schiavi e forzati, ma essenziale era il fatto che la condanna dei forzati
                 aveva una scadenza, pur se spesso le amministrazioni, soprattutto di
                 fronte ad una grave mancanza di rematori, trattenevano i forzati al
                 remo al di là del termine della rispettiva condanna. Di tutto il bottino
                 di Lepanto si redassero elenchi dettagliati e sulla scorta di questi il
                 nostro autore ha potuto condurre analisi e trarre considerazioni
                 appropriate; alla ripartizione si provvide sul posto stesso una decina
                 di giorni dopo la battaglia. Nell’intento di mostrare diversi aspetti con-
                 creti dell’accaduto, la ‘materialità dell’evento’, gran parte dell’indagine


                                                                                n. 47
                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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