Page 205 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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                   Lepanto come ‘evento’ nell’opera di Stefan Hanns                629


                   concerne direttamente gli oggetti, le cose, che passarono da un
                   padrone all’altro. In primo luogo, ovviamente, le armi, per l’uso pratico
                   e insieme il valore simbolico che esse avevano, per cui coloro che le
                   ereditavano, anche dopo più generazioni, ebbero cura conservarle con
                   orgoglio,  conferendo loro una centrale visibilità e un particolare valore
                   proprio in quanto ‘bottino di Lepanto’ e dunque testimonianza di una
                   diretta partecipazione a quell’evento.
                      I ricordi di Lepanto direttamente pertinenti a don Giovanni furono
                   accolti, non molti anni dopo, come eredità da Filippo II, e come tali
                   sono ancor oggi identificati: quel passaggio di proprietà significò un
                   ideale distacco dell’evento vittorioso dalla individuale figura di don
                   Giovanni per diventare eredità propria della dinastia asburgica
                   regnante in Spagna, ma agli oggetti appartenuti al fratellastro del re
                   venne sempre rivolta una particolare attenzione.
                      Nel quadro multiforme della sorte degli ‘oggetti’ di Lepanto, un
                   paragrafo interessante è costituito dalla varia destinazione delle galere
                   ottomane catturate dalle flotte della Lega e ripartite fra i vincitori. Il
                   loro gran numero e le cattive condizioni dopo lo scontro fecero sì che
                   la maggior parte fu poi distribuita in dono – così evidenzia Hanns a
                   proposito di quelle assegnate alla Spagna – a istituzioni religiose, con-
                   venti e altre.
                      «Fu esteso dopo la battaglia di Lepanto anche il riuso di pezzi del
                   bottino», afferma Hanns e ne dà riprova mediante svariate testimo-
                   nianze, come il curioso ‘ricordo’ di alcuni cannoni di navi turche, che
                   l’arciduca Ferdinando I de’ Medici nel 1608 fece utilizzare per la sua
                   statua bronzea, opera del Giambologna, posta dinanzi alla fiorentina
                   chiesa dell’Annunziata. A Nizza si diceva che nella costruzione di una
                   casa fosse stato utilizzato per tutte le strutture lignee materiale tratto
                   dalle imbarcazioni ottenute come bottino dalle galere del duca di
                   Savoia. Di tutt’altra natura, ed ancor più preziosi, i manoscritti – esem-
                   plari del Corano ed altri testi religiosi perlopiù – recuperati dalla galere
                   di Ali Pascià e da altre; oggi sono presenti nella raccolta della biblioteca
                   dell’Escorial, costituita due anni dopo la battaglia ed arricchita sino a
                   circa 300 pezzi con successivi acquisti. Persino alcune mummie furono
                   parte del bottino, ben presto oggetto di attento studio e di successiva
                   ammirata conservazione.
                      Numerose le vesti di provenienza e fattura ottomana, alcune son-
                   tuose, sottratte a vivi e morti e recate in occidente in vari bottini; anche
                   ciò contribuì a suggerire a numerosi veneziani un esotico travestimento
                   ‘turchesco’, vivace e ammirato, per il carnevale del 1572. Sul tema del
                   vestiario il nostro autore si sofferma con riferimento a numerosi altri


                   n. 47                        Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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