Page 58 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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                 «cose aborritive», intraprese per mortificare ogni sentimento di disgusto e
                 di irritazione. Come racconta nel Dialogo, lo ‘Spirito’ le intima di «fare opere
                 de pietade […] ad infermi o poveri […] perché voglio extinguere ogni dexor-
                 dine di piaceire o despiaceire […] Et così trovava diverse creature brute
                 […] oltra la spusa e bruture, sempre cridavano et se lamentavano de quelli
                 li andavano atorno, et li dicevano vilania» 103 .
                    In un periodo in cui gli incurabili rappresentano la forma più ripu-
                 gnante di malati 104 , anche Carioni descrive l’assistenza negli ospedali
                 come uno strumento atto a mortificare l’attaccamento all’onore sociale:
                 il segno «che la superbia sia estirpata è a operar opere le quali il mondo
                 le ha in opprobrio et disprezzo […] come seria a un nobile mettersi alla
                 cura di un hospitale per amor di Dio» 105 . Tale visione è ribadita da
                 Thiene nella sua invettiva contro i nobili veneziani agli ‘incurabili’:
                 «Certo non li è […] uno nobile che disprezzi l’onor per amor di Cristo» 106 .
                 Anche per i somaschi le opere verso i poveri e i malati hanno come fine
                 la mortificazione personale. Dice infatti Miani che bisogna «mandar ali
                 ospedali queli che non lavora con pace, devucion ett modestia»; «Anui
                 apartien soportar el prosimo […] aciò che vui inparate aver paciencia
                 et cognoser la frazilità umana» 107 .
                    È solo con il raggiungimento dello stato di perfezione che le opere di
                 bene acquistano il significato di atti veramente altruistici e caritativi.
                 Avendo sconfitto l’amor proprio, cioè, l’individuo non può che agire per il
                 bene degli altri, le sue azioni seguono necessariamente la carità evange-
                 lica. Miani avverte i suoi discepoli che solo la mortificazione, l’umiltà e la
                 conversione del cuore santificano il lavoro con i poveri: «Como adonca
                 voleno far quel che è dito cencia carità, cencia umiltà de cuor, cencia
                 soportar el prosimo […] cencia mortificacion […] volgino esser mortificati
                 in ogni suo ato exterior et pieni el interior de umiltà, carità et de uncio» 108 .
                 Per Carioni la carità attuata dal ‘perfetto’ media l’aiuto divino nei con-
                 fronti dell’assistito e lo induce alla mortificazione in imitazione di Cristo:
                 «Si che l’huomo santo domandato, ò à benedire qualche infermo, ò à visi-
                 tare qualch’uno calamitoso, và allegramente […] et prega Dio che dia
                 salute all’infermo et esso sia humiliato et beffato come fu Christo» 109 .
                    Considerate in questi termini, le vere opere di carità non rappresen-
                 tano tanto il contributo umano verso la salvezza, ma, al contrario, sono


                    103  Dialogo, in U. Bonzi, S. Caterina cit. pp. 421-423.
                    104  B. Pullan, The Counter-Reformation Medical Care and Poor Relief, in O. P. Grell, A.
                 Cunningham, J. Arrizabalaga (eds.), Health Care and Poor Relief in Counter-Reformation
                 Europe, Routledge, New York, 1999, pp. 30-32.
                    105  Opera, pp. 212r-v.
                    106  F. Andreu, Le lettere cit., p. 68.
                    107  C. Pellegrini, Le lettere cit., pp. 2, 10-11.
                    108  Ivi, p. 23.
                    109  Specchio, p. 89v.


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                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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