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                   Una proposta di riforma della ‘vita christiana’ nel primo Cinquecento in Italia  485


                   […] che reformi la christianità a quello stato de sanctità, lo qual fu nel
                   tempo di toi appostoli» 120 . La stessa identità dei Servi dei Poveri si fonda
                   su questo modello. Come gli apostoli, Miani e i suoi discepoli abban-
                   donano le proprietà, hanno tutto in comune, lavorano, pregano e pre-
                   dicano il Vangelo ai contadini: «O come era cosa bella da vedere a’
                   nostri tempi per tanti vitii corrotti un gentil’huomo Venetiano in habito
                   rustico, in compagnia di molti mendichi, anzi per dir meglio christiani
                   riformati e gentil’huomini nobilissimi secondo il santo vangelo, andar
                   per le ville a zappare […] cantando salmi et hinni al Signore, ammae-
                   strando i poveri contadini nella vita christiana» 121 . Anche i somaschi,
                   quindi, ambiscono ad avviare la riforma cristiana della società, comin-
                   ciando – come fece Gesù stesso – dai poveri. Essi, infatti, abbracciano
                   un’idea di chiesa universale, che viene identificata non tanto con l’isti-
                   tuzione ecclesiastica, ma con l’umanità intera. Tale idea di Chiesa è
                   descritta con una terminologia che ricorda gli stadi del percorso di per-
                   fezione delineati da Battista da Crema:

                   Anchora pregamo Dio per la giesia sua perfectissima in cielo, cioè per li beati
                   […] per la giesia perfecta in terra, cioè per quelli chi son nela gratia sua, atiò
                   gli acrescha le vertù et gratie […] per la imperfecta, cioè pecatori, atiò li dia
                   emendatione de vita et remisione de loro pecati; per la purgativa, atiò li liberi
                   da quelle pene et gli dì la gloria eterna; per la giesia sua che pol essere, cioè
                   per li infideli […] atiò gli doni il lume dela fede 122 .

                      Anche la Compagnia di sant’Orsola rientra in questo quadro ideo-
                   logico. Innanzitutto la futura santa incita le sue consorelle a esemplare
                   la propria vita sul modello della Chiesa primitiva: «Teneti l’antiqua
                   strata et usanza della Giesa, ordenata, et fermata da tanti Santi per la
                   inspiratione dello Spirito santo» 123 . La lettera introduttiva alla Regula
                   ribadisce questo concetto: «Et tanto più questa sorte de vita è parsa
                   degna et giusta, quanto pare esser imagine, et quasi una sintilla del
                   viver dela primitiva Giesa» 124 . Benché diretta alle donne la Compagnia
                   non escludeva «come seguaci et adherenti […] ogni sorte di creature:
                   homini, donne, grandi, piccolo, gioveni, vecchii» 125 . Le orsoline, come
                   gli apostoli, vivono nel mondo guadagnandosi da vivere, dando il «bon
                   essempio […] bon odor a tutti di virtude» e predicando informalmente:




                      120  C. Pellegrini, Ordini e costituzioni cit., p. 28.
                      121  Id., Vita del clarissimo cit., p. 15.
                      122  Id., Ordini cit., pp. 30-31.
                      123  Arricordi, 7, in L. Mariani et al., Angela Merici cit., p. 511.
                      124  Al lettore, in L. Mariani et al., Angela Merici cit., p. 433.
                      125  Ivi, p. 434. Cfr. G. Zarri, Orsola e Caterina: Il matrimonio delle vergini nel XVI secolo,
                   «Rivista di storia e letteratura religiosa», 29 (1993), pp. 527-554.


                   n. 47                        Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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