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                   Luigi Cristoforo Scobar: un umanista spagnolo nella Sicilia del ‘500   509


                   gans annotatio, inserito negli Opuscola, ma di cui è autore Giovanni
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                   Antonio Salonia, discepolo dello Scobar  e in polemica con il dotto agri-
                   gentino Nicolò Valla accusato, dal giovane allievo dell’umanista spa-
                                                                 79
                   gnolo, di scarsa conoscenza della lingua latina .
                       Accanto a questi scritti, di preminente carattere didattico e pole-
                   mico, che mostrano la profonda erudizione dello Scobar e il suo coin-
                   volgimento nei dibattiti del tempo, espressione di differenti approcci
                   metodologici e didattici, gli studi dell’umanista spagnolo sulla strut-
                   tura e l’uso e della lingua finivano con l’avere, in alcuni casi, delle
                   importanti implicazioni sociali e politiche. Ancora una volta i riferi-
                   menti costanti erano i suoi “maestri”: da una parte il Nebrija e le sue
                   considerazioni sullo stretto legame tra la codificazione della lingua e
                   l’affermazione del potere, a cui abbiamo già fatto cenno; dall’altra il
                   Lascaris e le sue lezioni di greco. Queste ultime, in particolare, ave-
                   vano permesso allo Scobar una più diretta e approfondita conoscenza
                   di alcuni autori classici e di personaggi del passato di cui si era persa
                   la memoria ma che avevano giocato un ruolo nella costruzione del
                   pensiero e della civiltà moderni.
                       All’interno di queste riflessioni una posizione di spicco veniva, così,
                   riconosciuta alla retorica e all’oratoria, arti essenziali in alcune profes-
                   sioni, prima tra tutte quella forense, ma che lo Scobar approcciava
                   secondo differenti prospettive. L’analisi dei retori del passato gli servì,
                   infatti, non solo per lo studio della lingua, della grammatica e delle tec-
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                   niche di comunicazione e di “persuasione” , ma anche per approfondire

                   Ceresa riporta il parere del Panclareno, allievo del Faraone e autore di una sua biografia,
                   secondo il quale la polemica sarebbe stata provocata dall’invidia e dalla gelosia dello
                   Scobar, la cui grammatica non aveva goduto della stessa fortuna di quella del Faraone.
                   Ricordiamo che riuscire a imporre nel mercato librario scolastico la propria grammatica
                   garantiva non solo importanti guadagni ma, soprattutto, accresceva il prestigio dell’au-
                   tore, dal quale potevano scaturire incarichi di insegnamento in strutture pubbliche e
                   presso ricchi committenti privati.
                      78  La famiglia Salonia apparteneva al patriziato siracusano. Giovanni Antonio com-
                   pare anche in un dialogo anonimo intitolato De verbis exceptae dialogus perfactus, dove
                   prende le parti del maestro in una polemica tra un anonimo calabrese e lo Scobar sul
                   corretto uso dei verbi latini “aro” e “pluo”. F. Rico, Nebrija frente a los barbaros cit.,
                   pp.116-120, si è soffermato sulla valenza ideologica della disputa, e sulla diversa meto-
                   dologia di approccio alla lingua, giudicando vecchia e superata quella del calabrese, inno-
                   vativa quella dello Scobar riconducibile alla scuola grammaticale spagnola e, in
                   particolare, al Nebrija.
                      79  La disputa è stata ricostruita da A. Tramontana, Polemiche linguistiche in Sicilia
                   cit., pp.484-492, che ritiene che entrambi i testi polemici confluiti negli Opuscola fossero
                   frutto di «una precisa strategia» del maestro (Scobar) e dell’allievo (Salonia), per avviare
                   «un sistematico smantellamento di due capisaldi della scuola siciliana del tempo», Fran-
                   cesco Faraone e Nicola Valla, operazione che, di fatto, sarebbe fallita.
                      80  Ricordiamo che in età medievale e almeno fino a tutto il ‘400, la retorica, insieme
                   alla grammatica e alla logica costituivano il trivium che, con il quatrivium (musica, arit-
                   metica, geometria e astronomia), erano alla base dell’educazione.


                   n. 47                        Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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