Page 86 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019
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                 i contenuti dei loro discorsi che finivano per avere una straordinaria
                 valenza politica.
                     Tra gli illustri letterati siracusani dell’età greca, i cui nomi erano
                 stati portati in auge dagli studi di Costantino Lascaris, un posto di
                 riguardo era riservato a Corace, ritenuto l’inventore della retorica e che,
                 insieme all’allievo Tisia, era stato autore del primo manuale “sull’arte
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                 del dire” . Fu grazie all’oratoria che i «Syracusani a tyrannide liberi
                 essent et universitatem instituissent», istaurando un regime popolare
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                 «chiamato democrazia» .
                     Sono, queste, affermazioni importanti che introducono nella nar-
                 razione dello Scobar i termini tirannide, democrazia, libertà, popolo.
                 In questo contesto, tuttavia, non ritengo che l’umanista spagnolo
                                                                          83
                 inneggi a regimi democratici o a forme di governo “popolari” . Una let-
                 tura attenta della sua opera sembra, invece, attribuire un ruolo signi-
                 ficativo e centrale all’intellettuale come “consigliere del principe”,
                 capace, grazie all’arte retorica, di impedirne gli arbitri, indirizzandolo
                                                                     84
                 verso scelte razionali, ponderate e utili alla comunità . Il potere arbi-
                 trario e senza limiti, a lungo andare, poteva provocare la reazione del
                 popolo, vista, però, dallo Scobar non come una soluzione del problema
                 ma come una conseguenza, ugualmente negativa, e anche in questo
                 caso i retori con la loro arte, potevano consigliare al popolo scelte pon-
                 derate, evitandone gli eccessi. Non si delineava, quindi, la superiorità
                                                                                 85
                 di una forma di governo sull’altra, ma tra governanti giusti e no : i

                    81   D.A.G. Hinks, Tisias and Corax and the Invention of Rhetoric, «The Classical Quar-
                 terly», vol. 34, n. 2 (1940) pp. 61-69; S. Wilcox, Corax and the Prolegomena, «The Amer-
                 ican Journal of Philosophy», vol. 64 (1943), pp. 1–23; G.H. Goebel, Probability in the
                 Earliest Rhetorical Theory, «Mnemnsyne», vol. 42, n. 1 (1989), pp. 41–53.
                    82  Anche nel De rebus praeclaris Syracusanis, lo Scobar aveva fatto riferimento alla
                 “democrazia” siracusana e a Corace come inventore della retorica, citando Marino Sco-
                 drensis, cioè Marino Becichemo, di Scutari, suo coetaneo, e che operò in Italia tra la
                 fine del ‘400 e i primi decenni del ‘500. Non sappiamo se si conobbero personalmente,
                 ma lo Scobar lo cita in più punti dell’opera. Si veda la voce Becichemo a cura di C.H.
                 Clough in Dbi, vol.7 (1970). Nella prima parte degli Opuscola sono inserite alcune ora-
                 zioni di illustri personaggi (Ermocrito, Atenagora, Gilippo) citate da Tucidide e riprese
                 nell’edizione curata da Lorenzo Valla: sono esempi di alta arte oratoria, capace di per-
                 suadere ed orientare le scelte politiche e militari della popolazione siracusana e, più
                 in generale, siciliana, durante gli anni cruciali dello scontro contro gli Ateniesi.
                    83   Questi temi, insieme ai riferimenti a Corace e a Tisia, saranno ripresi, quasi un
                 secolo dopo, dallo storico ed erudito siracusano Vincenzo Mirabella, naturalmente in un
                 contesto storico, ideologico e culturale assai diverso, cfr.: F.F. Gallo, Siracusa barocca
                 cit., pp.139-150.
                    84  Una visione riconducibile alla corrente neo-platonica che faceva degli uomini di
                 lettere e di scienze dei consiglieri preziosi del principe, capaci di guidarlo e influenzarlo
                 positivamente.
                    85  Si vedano le considerazioni di G. Pedullà, Scipione e i tiranni, in Atlante della lette-
                 ratura cit., pp. 348-355, secondo il quale, nella riflessione politica e letteraria della metà
                 del XV secolo, antitirannica non significava necessariamente repubblicana. Pedullà sot-


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                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                 ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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