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                   Stranieri eretici, propaganda e convivenza nell’Italia della guerra dei Trent’anni 515


                   razione dell’epopea valdese, non molta attenzione veniva data ai prote-
                   stanti al di fuori delle valli. Queste pagine non intendono sminuire la
                   centralità della vicenda valdese nel periodo, al contrario, ma semplice-
                   mente volgere uno sguardo alle esperienze dei riformati nel resto della
                   penisola tra gli anni venti e gli anni quaranta del Seicento. Ulteriori
                   ricerche potranno senza dubbio chiarire meglio le prassi di coesistenza
                   nell’Italia della Controriforma.
                      Più limitatamente, questo saggio intende domandarsi se e in che
                   misura gli stranieri protestanti che si recavano in Italia in quei decenni
                   fossero attivi in una qualche iniziativa coerente di propaganda reli-
                   giosa. All’interno di questa nuova storiografia, si intende poi sottoli-
                   neare il ruolo centrale e periodizzante della guerra dei Trent’anni per
                   quel che concerne la repressione: lo scoppio della guerra su scala euro-
                   pea acuì infatti l’azione cattolica di controllo, già sviluppatasi con l’af-
                   fermarsi del Sant’Uffizio ai vertici della Chiesa romana nel secondo
                   Cinquecento. Se a inizio Seicento, in un momento di crisi come quello
                   dell’Interdetto veneziano, vi erano stati spazi politici in cui alcuni pro-
                   testanti stranieri avevano saputo inserirsi con un vero tentativo strut-
                   turato di propaganda religiosa, la fine di quell’esperienza aveva aperto
                   una stagione in cui la Riforma non avrebbe più offerto una alternativa
                   politica vera e credibile, e in fondo, uno spazio di libertà, a quegli ita-
                   liani accarezzati dalle idee del dissenso.
                      Il controllo sugli stranieri residenti o in viaggio nella penisola,
                   all’esplodere della guerra dei Trent’anni, era divenuto un problema fre-
                   quentemente dibattuto nelle corrispondenze tra vertici e sedi locali
                   dell’Inquisizione. Con la bolla Romani Pontificis del 2 luglio 1622 Gre-
                   gorio XV si opponeva con forza alla tolleranza dei mercanti eretici: qua-
                   lora scoperti essi avrebbero dovuto essere processati o allontanati dal
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                   Sant’Ufficio . Irene Fosi, facendo luce sugli spazi di coesistenza tra fore-
                   stieri protestanti e italiani nel Seicento, tratteggia una storia delle ini-
                   ziative di conversione degli stranieri tutto sommato lineare. Tuttavia,
                   proprio la necessità avvertita da Roma di ribadire con una bolla papale
                   le norme sul loro controllo palesa non solo la presenza nell’Italia del
                   primo Seicento di spazi di coesistenza che contravvenivano al quadro
                   normativo inquisitoriale, ma pure il bisogno avvertito al vertice di raf-
                   forzare l’azione repressiva.
                      L’avvio della guerra in questo senso rappresenta un piccolo punto
                   di svolta nelle attitudini della gerarchia, ancorché sul campo la situa-
                   zione non sarebbe cambiata di molto. Informazioni relative alla repres-
                   sione degli stranieri protestanti erano dunque diramate a tutte le sedi


                      5  Cfr. I. Fosi, Convertire lo straniero. Forestieri e Inquisizione a Roma in età moderna
                   cit., p. 32.


                   n. 47                        Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVI - Dicembre 2019
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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