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Fra sistema a domicilio e manifattura accentrata. L’Istituto degli orfani nazzareni... 129
più un accentramento della manodopera sotto uno stesso tetto e in
maniera più o meno coatta. Fino alla seconda metà del Cinquecento,
queste istituzioni avevano fornito manodopera alle diverse botteghe
della città . Dalla fine del secolo, invece, e ancor più dal successivo,
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la fase era accentrata nelle stesse sale degli istituti, dopo aver acqui-
stato gli strumenti del mestiere e aver assoldato i maestri per inse-
gnare il lavoro alle ragazze e ai ragazzi.
2. Il “Pio luogo degli Orfani Nazzareni”
Nella città di Padova l’assistenza ai poveri era gestita in coopera-
zione con le autorità laiche, grazie all’apporto di nobili, non nobili e
movimenti religiosi. Gran parte delle strutture assistenziali si erano
venute a creare nel corso del Quattrocento, all’interno di un periodo di
grande fermento. Se la Ca’ Di Dio (il più grande brefotrofio cittadino),
l’Ospedale di San Francesco e la Scuola di Carità rappresentavano i
punti cardine del sistema, nel corso dei decenni si erano affiancati il
Lazzaretto e, sul finire del secolo, il Monte di Pietà . Nel XVI secolo vi
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fu un aumento del sentimento di durezza nei confronti dei poveri, a
causa di un incremento dei livelli di povertà. All’interno della “Ca’ di
Dio”, che dava lavoro, seppur saltuariamente, a oltre seicento persone
l’anno e che accoglieva ogni anno anche più di cento nuovi bambini,
si iniziò a guardare in termini negativi l’apporto del lavoro e a non
assumere più le madri dei trovatelli in qualità di balie.
A partire dagli anni trenta del Cinquecento in molte realtà europee
si procedette a una razionalizzazione delle risorse date ai poveri, proi-
bendo l’accattonaggio e avviando una serie di progetti per rendere au-
tosufficiente il numero di persone all’interno delle città. Il lavoro dive-
niva così un mezzo necessario per addestrare i mendicanti-bambini e
renderli assorbibili, appena possibile, dal sistema economico. A Vene-
zia, ad esempio, l’Ospedale dei Mendicanti doveva fare il possibile per
dare lavoro a donne e bambini affidati alle sue cure e insegnare loro
21 Asp, Ul, b. 50, c. 33r, 2 ottobre 1529, contradittorio fra Melchiorre Trevisan guc-
chiarolo che vuole che il Priore della Ca’ di Dio mandi in bottega le sue quattro puelle
con cui era accordato.
22 I. Pastori Bassetto, L'assistenza a Padova tra Cinque e Seicento, in «Archivio ve-
neto», n. 197, a. CXXXV, 2004, s. V, v. CLXII, p. 29-90, p. 36. Per il Veneto: F. Bianchi
(a cura di), Custode di mio fratello : associazionismo e volontariato in Veneto dal medioevo
a oggi, Marsilio, Venezia, 2010 (in particolare il saggio di W. Panciera, Carità, ospedali
e confraternite in età moderna, pp. 135-201); G. Silvano (a cura di), La Scuola della Carità
a Padova, Skira, Milano, 2014; Id., A beneficio dei poveri : il Monte di pietà di Padova tra
pubblico e privato, 1491-1600, Il mulino, Bologna, 2005; Id., Assistenza e clinica
nell'ospedale S. Francesco a Padova (secoli 17.-19.), Cleup, Padova, 2012.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)