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Fra sistema a domicilio e manifattura accentrata. L’Istituto degli orfani nazzareni...  133


                    i ragazzi venissero «istruiti a imparar qualche arte a beneficio suo, e
                    anche del luogo, come nei tempi passati era usanza». A questo scopo
                    fu individuato un maestro calzolaio che venisse a vivere nell’ente «per
                    istruire i detti figliolini (maschi) nell’arte, individuando il maestro Gio-
                    vanni da Capua come la persona più adatta .
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                       L’assunzione di un maestro calzolaio fu un tentativo importante per
                    introdurre un’attività all’interno dell’ente, rivolta anche a insegnare un
                    mestiere ai ragazzi orfani ivi presenti. L’iniziativa non ebbe un grande
                    seguito, mentre più consolidata, duratura e d’impatto, anche per l’eco-
                    nomia urbana, ebbe la vicenda legata alle manifatture tessili.


                    3. L’orfanotrofio e le manifatture tessili

                       Le prime evidenze di lavori tessili all’interno dell’Orfanotrofio sono
                    rintracciabili fin dal 1581, ovvero dal primo registro contabile disponi-
                    bile, alla voce “manifattura delle putte” . Non possiamo sapere l’inizio
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                    esatto dei lavori, ma la voce indicava presumibilmente, stando anche
                    a quanto appare nei registri seguenti, la lavorazione di cordelle di seta.
                    Per il quinquennio successivo abbiamo traccia di queste lavorazioni,
                    per un introito che oscilla fra 662 e 887 lire. Per gli anni successivi
                    non  sono  sopravvissuti  i  registri  contabili,  ma  per  il  periodo  1611-
                    1634 è possibile ricostruire il trend in maniera dettagliata.
                       Come si può vedere dal grafico, vi è un primo periodo, dal 1611 al
                    1631, dove le manifatture sono in sostanziale stabilità, oscillando fra
                    un minimo di 2.074 lire d’introito (1615) e un massimo di 5.240 lire
                    nel 1629. Da questo momento la curva s’impenna, sino a raggiungere
                    anche le 11.711 lire del 1635. Queste entrate sono rilevanti per l’eco-
                    nomia dell’ente: si pensi che rappresentavano dal 20% (1629) al 40%
                    (1635) delle entrate complessive.
                       All’ascesa degli introiti corrispose anche un cambiamento nella ti-
                    pologia delle produzioni. Se fino al 1630-31 la produzione principale
                    era costituita da cordelle alla piana e merli (indicate alla voce «mani-
                    fatture delle putte»), fatte in larga parte «a mazzette» più che a telaio;
                    dal periodo successivo la curva è più variegata. In primo luogo vi è un



                       36  Ivi, 9 giugno 1577.
                       37  Le fonti contabili dell’ente per il periodo preso in osservazione per il presente la-
                    voro, e dalle quali è possibile ricostruire la manifattura, sono conservate in Ivi, bb. 160
                    (anni  1581-1587),  161  (1611-1623),  162  (1624-1629),  163  (1630-1635),  164  (1636).
                    Prima di interrompersi, la contabilità torna a essere disponibile dal 1649 al 1805, sep-
                    pure in maniera discontinua e, anche per questo motivo, non è stata analizzata per il
                    presente saggio, ma sarà oggetto di un’indagine più ampia.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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