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                   Come  in  molte  altre  realtà  dell’epoca,  fra  i  principali  obiettivi
                dell’ente vi era quello di garantire un’istruzione ai ragazzi e alle ragazze
                dell’istituto. Uno dei principali mezzi era quello di affidarli per deter-
                minati periodi di tempo ai maestri delle varie arti padovane. Il 2 feb-
                braio 1603 un merciaio della città, Pietro Moretto, residente a Prato
                della  Valle,  domandò  al  consiglio  la  disponibilità  di  accordare  a  lui
                Antonia, un’orfana dell’Ospedale, per cinque anni, con l’obbligo di ve-
                stirla, alimentarla, «ben trattarla» e pagarle un salario pari sei ducati .
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                In  seguito,  il  filatore  Francesco  figlio  del  quondam  Tommaso  Greco
                supplicò  di  avere  per  cinque  anni  Bartolomeo  quondam  Matteo  da
                Sallo, impegnandosi a nutrirlo e a insegnargli il mestiere del filatore .
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                Una  seconda  opzione,  invece,  comprendeva  il  servizio  domestico
                presso famiglie generalmente appartenenti ai ceti medio-alti. Il 23 giu-
                gno 1577 il Consiglio si riunì per affidare «una putina» a donna Cecilia
                moglie di ser Antonio di Brocci che viveva con i magnifici Dotti . Le
                                                                              32
                ragazze potevano essere anche riaccolte nell’ente una volta terminato
                il servizio, talvolta per la morte di uno o più membri della famiglia
                presso cui lavoravano. Il 17 ottobre 1632, l’orfana Agnese («Gnesina»),
                domestica dell’illustrissimo Conte da Rio, domandò di essere riaccolta
                nell’orfanotrofio, poiché era «morta la consorte di detto Illustrissimo» .
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                   Questa funzione d’intermediazione nel mercato del lavoro è comune
                a molti altri istituti caritativi in età moderna . L’ente veniva anche
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                incontro alle richieste degli orfani che, una volta cresciuti, necessita-
                vano di un aiuto per entrare nelle varie arti. Il 24 maggio 1604, ad
                esempio, Manin Resin, «già figliolo del luogo», assieme a una figliola,
                anch’ella «del medesimo luogo», dopo aver servito molti anni come fac-
                chino per i portalettere, aveva la possibilità di entrare nella relativa
                corporazione, ma necessitava di 50 ducati per pagare l’iscrizione. L’or-
                fanotrofio accolse la sua supplica dando mandato al cassiere di stipu-
                lare ogni atto richiesto .
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                   L’orfanotrofio  non  si  preoccupava  solo  di  mandare  i  ragazzi
                all’esterno a imparare l’arte nelle botteghe degli artigiani locali o a ser-
                vire  presso  le  famiglie  nobili  o  cittadine.  Una  seconda  strategia  fu
                quella di assumere maestri per far lavorare i piccoli all’interno delle
                mura dell’istituto. Il 9 giugno 1577 il consiglio espresse il desiderio che


                   30  Ivi, 2 febbraio 1603.
                   31  Ivi, c. 28r, 14 novembre 1604.
                   32  Ivi, 23 giugno 1577.
                   33  Ivi, b. 135, c. 40r, 17 ottobre 1632.
                   34  T. Safley, Charity and economy and economy in the orphanages of early modern
                Augsburg, Humanities press, Boston 1997; Id., Children of the laboring poor: expectation
                and experience among the orphans of early modern Augsburg. Brill, Leiden 2005.
                   35  ASP, Osmg, b. 132, c. 63v, 24 maggio 1604.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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