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                un mestiere, cancellando l’ozio e trovando un’occupazione. Si trattava
                di una concezione del lavoro che permetteva al povero di raggiungere
                l’auto-disciplina e il rispetto di sé, dandogli il modo di mantenersi .
                                                                                  23
                L’idea di un ospizio centrale per i poveri, che insegnava arti e mestieri
                e funzionava come intermediario del lavoro per i miserabili, troverà
                un’eco molto forte presso le autorità cittadine europee . Nel corso del
                                                                    24
                sei e settecento, inoltre, idee intorno «all’utilità della povertà» identifi-
                cavano con chiarezza i vantaggi che si potevano trarre dal lavoro dei
                poveri, diventando in tutta Europa un modello sempre più sistematiz-
                zato . Prova di questi primi progetti in ambito padovano furono al-
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                cune nuove istituzioni che sorsero per far fronte a questa situazione:
                un istituto per l’internamento femminile, come il Monastero di S. Ma-
                ria Maddalena (Zitelle), S. Maria del Soccorso, l’Ospedale dei Mendi-
                canti. All’interno di questi istituti, così come nella Ca’ di Dio, il lavoro
                era visto come una componente essenziale per ridurre la povertà e li-
                mitare l’ozio.
                   A inizio Seicento, all’interno della Ca’ di Dio, circa 88 su 600 esposti
                erano stati collocati al lavoro, anche se già dopo pochi mesi il 20% fece
                ritorno nell’ente. La maggior parte erano ragazze e il lavoro era conce-
                pito come un mezzo per educare e insegnare un mestiere. Nel corso
                del secolo i maschi con più di otto anni erano inviati presso le botteghe
                degli artigiani cittadini a imparare un’arte, mentre le femmine erano
                impiegate  come  domestiche  e  facevano  ritorno  la  sera  nelle  stanze
                dell’Istituto. Durante la peste del 1630-31 si iniziò invece ad avviare
                alcune produzioni interne, per l’impossibilità di mandarle all’esterno e
                perché preoccupava la presenza di 40 ragazze circa che sarebbero di-
                venute oziose. Tessitura di tela, incannatura e filatura di seta erano i
                principali  lavori  scelti  in  relazione  alla  richiesta  del  mercato  locale.
                Nella seconda metà del Seicento le produzioni aumentarono, così come
                le tipologie di lavori, come lavori a maglia, nastri, tele di lino e incan-
                natura di seta. Anche all’interno dell’Ospedale dei Mendicanti, sorto
                nel 1598 per recludere i poveri, si erano diffuse numerose lavorazioni.
                Alcuni maestri di sartoria, calzature e maglieria, erano stati assunti





                   23  B. Pullan, La politica sociale della Repubblica di Venezia, 1500-1620, vol. I, Le
                scuole grandi, l'assistenza e le leggi sui poveri, Il veltro, Roma, 2002 (I ed. 1982), pp.
                260, 398, 400 (dentro l’Ospedale le ragazze imparavano a tessere «peroli et cordele»,
                prodotti che ricorrevano spesso in questi istituti).
                   24   B.  Geremek,  Mendicanti  e  miserabili  nell'Europa  moderna:  1350-1600,  Laterza,
                Bari, 1989, p. 125.
                   25  C. Lis, H. Soly, Povertà e capitalismo nell'Europa preindustriale, Il mulino, Bologna,
                1986, p. 163.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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