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Sanità e controllo mercantile alle Bocche di Cattaro: il lazzaretto di Castelnuovo 53
anche sottratto il controllo su Parzagno e Dobrota . Nel 1758 il colle-
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getto di Cattaro cercò di avocare nuovamente a sé e al locale lazzaretto
le contumacie dei bastimenti che approdavano alle Bocche, mentre nel
1774 il Provveditore Ordinario Carlo Zorzi, «vago già di dilatar la pro-
pria auttorità in tutte le cose di qualunque genere», tentò di obbligare
i bastimenti che ottenevano licenza a Castelnuovo ad approdare co-
munque a Cattaro per ulteriori verifiche. Questi tentativi andarono a
vuoto e fu anzi Castelnuovo a trovare occasioni per estendere la pro-
pria giurisdizione, come avvenne nel 1759, quando i formaggi prove-
nienti dalla Morea passarono sotto il suo controllo a causa delle «irre-
golarità» riscontate nel collegetto di Cattaro 100 .
Ulteriori conflitti erano determinati dalla presenza in Adriatico della
Squadra del Golfo, il cui Capitano aveva a sua volta compiti di controllo
sanitario e doganale e che trovava nelle Bocche una delle sue basi opera-
tive. Nel 1753 l’allora Capitano del Golfo Marco Flangini cercò di imporre
la propria autorità sia sul Provveditore Straordinario che su quello Ordi-
nario di Cattaro. Il Provveditore Straordinario Valerio Antelmi sventò il
tentativo, ma l’apparente approvazione delle azioni di Flangini da parte
dei Provveditori alla Sanità lasciano ipotizzare che le autorità centrali mi-
rassero a un maggiore accentramento dei controlli. Queste sollecitazioni
non sembrano aver avuto effetto, perché ancora nel 1776 il Capitano del
Golfo Angelo 4° Memo lamentava che le autorità delle Bocche rilascias-
sero fedi di sanità e spedizioni di passaporti senza comunicarglielo, cosa
che rendeva più difficili i controlli e favoriva gli illeciti dei bocchesi; in
particolare, mancava un efficace controllo incrociato sui bastimenti che
avessero effettivamente diritto, per la loro portata limitata, a viaggiare
senza patente di bandiera (regia patente) o su quelli la cui patente fosse
spirata, o ancora sul fatto che il patrone avesse effettivamente il titolo a
battere la bandiera veneta 101 .
La presenza di omonimie, legate anche all’esistenza di vere e proprie
dinastie armatoriali, favoriva gli abusi. Un pièlego di Dobrota, che fi-
gurava comandato da un capitano Luca Tripovich, aveva invece otte-
nuto il passaporto 102 per un patrone Tommaso Tripcovich, mentre un
99 Asv, Ptm, 681, terminazione Pgdm Daniele Dolfin 25.10.1738; Psa, 433, Psc Gae-
tano Molin, 19.8.1771, all. terminazione Psa 3.4.1738; 434, Psc Vincenzo Donà,
23.7.1774.
100 Asv, Psa, 382, Plc Antonio Marconi, 25.5.1758; 431, Psc Angelo Magno,
15.9.1759; 434, Psc Vincenzo Donà, 23.7.1774 e all.ti.; Poc Giancarlo Zorzi, 8.8.1774.
101 Nel 1764 Venezia aveva introdotto norme più precise in materia di patenti. T.
Pizzetti, Con la bandiera del protettor San Marco, II cit., pp. 193-194.
102 Al momento di salpare, i bocchesi dovevano essere muniti, oltre alla fede di sa-
nità, anche di uno specifico passaporto, con indicata la «qualità» del bastimento, la com-
posizione dell’equipaggio e la destinazione prevista. G. Zordan, Il codice per la veneta
marina mercantile, I cit., p. 333.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)