Page 54 - Mediterranea-ricerche storiche, n. 48, aprile 2020flip
P. 54

54                                                      Guido Candiani


                trabaccolo che era patentato a un capitano Cristoforo di Marco Vulo-
                vich, nel passaporto aveva come capitano un Vincenzo Vulovich. I boc-
                chesi peraltro, forti dei loro privilegi, si mostravano ben poco inclini a
                sottostare alle leggi veneziane sulle patenti. Il capitano di un trabac-
                colo di Parzagno, richiesto dal Capitano del Golfo Memo di esibire la
                sua patente, non gradì e «alterando con petulanza la voce, si estese a
                redarguire in un certo modo le mie stesse richieste, asserendo che si-
                mili indagini giammai gli erano state praticate…Millantò arditamente
                di  aver  finora  esercitata  la  navigazione  senza  alcuna  patente,  arri-
                vando a rifiutarsi di dirmi la portata, contenendosi con quell’intrepi-
                dezza che è naturale di una nazione accostumata alla trasgressione e
                all’abuso». Memo lo mise in catene, ma il rapido arrivo delle fedi dei
                capi della comunità di Parzagno circa la portata del legno e il fatto che
                il carico fosse destinato alla flotta veneziana, lo spinsero a liberare e
                congedare l’impertinente capitano 103 .
                   Favorite non solo dai conflitti giurisdizionali, ma anche dalla parti-
                colare contesto delle Bocche, le pratiche illecite appaiono in effetti es-
                sere state all’ordine del giorno. Il reato più comune rimaneva, qui come
                altrove, il contrabbando 104 , che nel caso dei territori veneziani era ar-
                tificiosamente ingigantito dalla concezione che la Serenissima aveva
                dell’Adriatico, considerato a tutti gli effetti territorio della Repubblica.
                Così, accanto al classico contrabbando inteso a evitare i dazi doganali,
                si aggiungeva quello che sfidava il divieto di commerciare con scali
                stranieri, un’infrazione che aveva peraltro ricadute anche sul piano
                doganale, in quanto sottraeva al fisco veneziano mercanzie tassabili.
                Secondo ciò che scriveva nel 1776 il Provveditore Straordinario di Cat-
                taro Vincenzo Donà, i bocchesi «assorbivano» dal loro paese natio la
                propensione al contrabbando, unita a una particolare abilità nel me-
                desimo; e dove l’abilità non era sufficiente, «supplivano» con le minacce
                e con l’omertà. Questa inclinazione era corroborata dai numerosi pri-
                vilegi. Nel 1738 il Provveditore Ordinario di Cattaro Marcantonio Ba-
                doer aveva lamentato il fatto che le comunità delle Bocche ne abusas-
                sero per praticare il contrabbando senza remore e quasi alla luce de
                sole. Un patrone aveva avuto la sfrontatezza di chiedergli una bolletta
                in bianco (pratica vietata) per la Dalmazia, con l’evidente intento d’im-
                piegarla per il trasporto verso altri stati; il cancelliere di Badoer aveva
                stampato la bolletta con indicato il carico, ma il patrone si era rifiutato
                di riceverla e aveva insistito per averla in bianco, cosa che «assicurava»


                   103  Asv, Psa, 432, 29.3.1753; Csm, s. I, 559, 18.12.1776; 28.12.1776.
                   104  Per una analisi di questo fenomeno in ambito marittimo, cfr. M. Figeac-Monthus,
                C. Lastécouères (ed.), Territoires de l’illicite : ports et îles de la fraude au contrôle (XVIe-
                XXe siècle), Armand Colin, Paris, 2012.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
   49   50   51   52   53   54   55   56   57   58   59