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Da Pellestrina e dalla Laguna di Venezia a Eretz Israel 63
dirigente dell’Agenzia Ebraica per la Palestina, che li visitò nell’estate
del 1947:
Sembravano campi di concentramento, orribili ammassi di baracche e
tende, con una torre di guardia a ogni angolo; tutt’attorno null’altro che sab-
bia, senza un albero, senza un cespuglio. Nonostante il caldo, l’acqua potabile
era appena sufficiente, per tacere di quella usata per lavarsi. Benché i campi
sorgessero proprio sulla spiaggia, ai profughi non era permesso di fare il bagno
in mare 13 .
Se la Gran Bretagna riuscì in definitiva a dirottare a Cipro ben
51.000 dei 70.000 migranti illegali intercettati, ne pagò un costo assai
elevato: oltre al peso economico, qualche insofferenza fra gli stessi mi-
litari addetti a un compito improprio e ingrato e una larga riprovazione
internazionale, acuita da episodi eclatanti come quello della nave Exo-
dus, salpata dalla Francia nel luglio 1947 con 4.530 migranti e inter-
cettata poco prima di entrare in acque territoriali palestinesi e quindi
rimorchiata ad Haifa, dopo di che gli sfollati furono riportati con tre
navi ad Amburgo e internati in campi in Germania, suscitando con ciò
forti e diffuse proteste.
La posizione dell’Inghilterra era dunque delicata: mentre apriva le
porte a oltre 200.000 migranti dell’est Europa (prevalentemente polac-
chi), a 93.000 lavoratori per l’industria pesante, reclutati per lo più dai
campi sfollati, a 15.000 tedeschi e a 8.000 ucraini ex prigionieri di
guerra, si preoccupava che gli ebrei non entrassero illegalmente nelle
zone di sua amministrazione. Per i sopravvissuti, questo atteggia-
mento, da parte dei liberatori, era incomprensibile, mentre la diplo-
mazia inglese si preoccupava invece dei rapporti col mondo musul-
mano in Medio Oriente. Anche da parte degli americani non vi fu da
subito una generosa accoglienza: il Displaced Persons Act del 1° luglio
1948 consentiva l’ingresso negli Usa a 250.000 sfollati, ma con note-
voli limitazioni per gli ebrei; solo il successivo Displaced Persons Act
del 1950 avrebbe spalancato le porte degli Usa in misura adeguata alla
domanda . La definizione Dps comprendeva ex prigionieri di guerra,
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civili in fuga, ex internati nei campi di concentramento e di lavoro e
anche ex collaborazionisti dei nazisti: tutte persone che dovevano es-
sere ri-locate e di cui la comunità internazionale doveva occuparsi .
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13 G. Meir, La mia vita, Mondadori, Milano, 1976 (cap. VIII).
14 D. Stone, La liberazione dei campi. La fine della Shoah e le sue eredità cit., pp.
167-171.
15 M. Ravagnan, I campi Displaced Persons per profughi ebrei stranieri in Italia (1945-
1950), in «Storia e Futuro. Rivista di storia e storiografia on line», n. 30, novembre 2012
(www.storiaefuturo.eu).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)