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                Di essi, gli ebrei che cercavano a ogni costo di entrare in Palestina
                erano chiamati in ebraico ma’apilim (immigrati clandestini).
                   Così, nell’ultimo periodo del mandato britannico in Palestina, una
                parte considerevole dei 250.000 ebrei, di diverse nazionalità europee,
                sopravvissuti alla shoah veniva attratta da Eretz Israel. Ma il processo
                non si chiuse con la nascita del nuovo stato di Israele il 15 maggio
                1948, tanto che l’ultimo campo di sfollati ebrei (in Germania, nella
                zona di occupazione americana) poté chiudere i battenti solo nel 1957,
                quando ormai i sopravvissuti si erano dispersi nei quatto continenti .
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                   Come arrivavano in Italia dall’Europa centrale gli scampati all’olo-
                causto? Basta leggere La tregua di Primo Levi per farsi un’idea di come
                fosse tormentosa anche questa fase di prima ‘libertà’. Dei 250.000 che
                lasciarono  l’Europa  centro-orientale,  un  quinto  si  diresse  in  Italia.
                Nell’immediato dopoguerra il primo ministro Parri poteva dirsi senz’al-
                tro favorevole alla causa sionistica, ma non era certo in grado di assu-
                mere posizioni discordanti da quelle rappresentate dall’esercito di oc-
                cupazione inglese; la posizione italiana era dunque quella di non im-
                picciarsi quantunque il governo fosse ben a conoscenza delle partenze
                clandestine come risulta da esaustive ricerche sui rapporti tra orga-
                nizzazioni ebraiche e autorità italiane . A fine gennaio dell’anno se-
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                guente una nota riservata inglese chiedeva al governo di impedire tali
                partenze e di prendere misure punitive per quanti collaboravano per
                esse. Il governo De Gasperi rispondeva con garbo evidenziando i motivi
                giuridici ostativi a quanto chiesto ed anche le considerazioni umani-
                tarie che impedivano di non accogliere in Italia tali migrazioni .
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                   Tra le diverse vie per scendere in Italia, una recente ricerca  ha
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                messo in luce  un sentiero alpino percorso tra il 1946 e il 1947 da
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                oltre 5.000 migranti. Poiché le vie principali dall’Austria erano control-
                late dagli alleati (Brennero, Pusteria, Tarvisio e Passo Resia), si utilizzò
                un valico nei Tauri (Krimmler Tauern) a 2633 metri che si raggiungeva
                nottetempo, in una decina d’ore di duro cammino, per poi scendere in
                Valle Aurina, con i gendarmi austriaci e i carabinieri che chiudevano
                un occhio ed anzi davano una mano portando sulle spalle bambini e
                zaini. I gruppi di clandestini erano guidati dall’organizzazione ebraica


                   16  D. Stone, La liberazione dei campi. La fine della Shoah e le sue eredità cit., p. 174.
                   17   A.  Ehud,  Aprite le porte. La drammatica storia dell’immigrazione clandestina in
                Israele, Mondadori, Milano, 1976; M. Toscano, La «Porta di Sion». L’Italia e l’immigrazione
                clandestina ebraica in Palestina (1945-1948), Il Mulino, Bologna, 1990.
                   18  M. Toscano, La «Porta di Sion». L’Italia e l’immigrazione clandestina ebraica in Pa-
                lestina (1945-1948), p. 67 e segg.
                   19  T. Albrich, Exodus durch Österreich. Die jüdischen Flüchtlinge 1945-1948, Hay-
                mon, Innsbruck, 1987.
                   20  L. Righi, S. Wallisch, Lungo i confini dell’Alto Adige. Escursioni tra storie e paesaggi,
                Folio Ed., Bolzano, 2010; www.alpinepeacecrossing.org.



                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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