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Da Pellestrina e dalla Laguna di Venezia a Eretz Israel           67


                    DPcamps distribuiti nella penisola (uno era pure stato ricavato negli
                    studi di Cinecittà) e anche su 7 kibbutz con scuole per bambini e per
                    formazione professionale. Si pubblicava, in lingua yiddish, un setti-
                    manale, «Bederekh» , e un mensile culturale: «In gang: khoydesh-
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                    zhurnal far literatur un kunst» . I campi profughi italiani erano poi
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                    di fatto sottratti ai controlli di polizia ed erano piuttosto controllati
                    dai partiti sionisti, tra essi anche il Jewish Communist Party, anche
                    con  la  presenza  di  ex  soldati  sovietici  che  preferivano  emigrare  in
                    Palestina.
                       Anche se nell’estate del 1946 la pressione dei migranti aumentava
                    per via di quelli provenienti dalla Polonia dove si manteneva un pro-
                    fondo antisemitismo , il rapporto con gli italiani doveva essere buono
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                    se si poté registrare che al confine non fu mai necessario ricorrere alla
                    corruttele come invece in Polonia e in Ungheria . Tuttavia la delicata
                                                                   32
                    posizione  internazionale  dell’Italia,  che  aveva  in  gioco  il  Trattato  di
                    Pace con le delicatissime questioni dei confini giuliano e altoatesino e
                    delle colonie, non consentiva posizioni più autonome e solo alla fine
                    del novembre 1947 il voto dell’Assemblea generale dell’Onu avrebbe
                    definito il futuro di Israele. L’organizzazione italiana si rafforzava con
                    una ‘tesoreria’ a Zurigo, dove giungevano in prevalenza finanziamenti
                    americani, un sanatorio a Merano e un centro per i minori soli a Sel-
                    vino nella montagna bergamasca . Delle 69 navi salpate complessi-
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                    vamente  dall’Europa  con  il  programma  Aliya Bet,  ben  37  partirono
                    dalle coste italiane, a esse vanno poi aggiunte 3 navi allestite in Italia
                    ma che andarono a imbarcare altrove i migranti (l’Exodus, il Pan Cre-
                    scent e il Pan York). Complessivamente sono stati calcolati 72.845 pas-
                    seggeri, di essi 33.302 quelli partiti dall’Italia e tra questi 23.246 im-
                    barcati su navi italiane .
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                       29  Bederekh in ebraico significa “in cammino”.
                       30   poi  denominato  «In  gang:  khoydesh-zhurnal  far  literatur,  kultur  un  gezel-
                    shaftlekhe problemen» (In movimento, giornale mensile per la letteratura, l’arte e le pro-
                    blematiche sociali); cfr: M. Ravagnan, I campi Displaced Persons per profughi ebrei stra-
                    nieri in Italia (1945-1950) cit.
                       31   Il  settimanale  «Israel»  pubblicato  a  Roma,  riferiva  il  20.12.1945  della  caccia
                    all’Ebreo  in  Polonia  e  di  una  organizzazione  militare  segreta  terroristica  «A.K.  Com-
                    mando» che si proponeva di spazzar via i 70-80.000 ebrei polacchi superstiti.
                       32  Y. Bauer, Ripensare l’olocausto, Dalai Ed., Milano, 2009.
                       33  Su questo centro di accoglienza per minori rimasti soli è di recente disponibile
                    una interessante ricerca: S. Luzzatto, I bambini di Moshe. Gli orfani della Shoah e la
                    nascita di Israele, Einaudi, Torino, 2018.
                       34  A. Restelli, Il contributo italiano alle navi dell’Aliyah Beth 1945-1948 cit.


                                                 Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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