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Da Pellestrina e dalla Laguna di Venezia a Eretz Israel 69
806 ma’apilim il 22 ottobre 1946. Anche in quell’occasione dovette
‘soggiornare’ nuovamente nel campo di Atlit. Uno dei suoi marinai, del
Palyam, un ebreo romeno, ne ha tratteggiato un bel ricordo nella sua
scheda di testimonianza pubblicata sul sito del Palyam:
The captain of the Wingate was Mario Canda, who was later a very im-
portant player in our activities in northem Italy. [...] He proved to be diligente
and loyal and found creative solutions to problems that arose. He was an ex-
cellent seaman, a former captain in the Italian navy, and identified completely
with Aliyah Bet.
La successiva partenza da Venezia, a settembre del 1947, fu ancora
più problematica; si trattava della nave Pan Crescent, da 6.500 ton-
nellate, battente bandiera panamense, intestata assieme alla gemella
Pan York a un giovanissimo ex ufficiale della marina statunitense,
giunto a Genova proprio mentre l’Exodus, salpata da Porto Venere (La
Spezia), andava a imbarcare 4500 profughi in Francia. Dopo aver so-
stituito completamente l’equipaggio con uno quasi tutto italiano, per
l’adattamento della nave ci si rivolse nuovamente a cantieri veneziani,
questa volta al Cantiere Pagan di Sacca Fisola, alle spalle del centro
storico. Si spiegò che la nave doveva importare pecore dall’Australia e
che dunque c’era bisogno di serbatoi supplementari d’acqua dolce, di
una ventilazione speciale e di robuste impalcature di legno; strideva
un po’ con questo obiettivo l’esigenza di installare docce ed altri sani-
tari, ma in cantiere lo attribuirono alla dimostrata superiorità di mezzi
degli americani, oppure finsero di non capire; ma la cosa non sfuggì
all’attenzione di ufficiali britannici dell’Intelligence Service. Il Pan Cre-
scent, come pure la nave gemella, doveva in realtà imbarcare profughi
in Romania, nel porto di Costanza sul Mar Nero, ma all’approvvigio-
namento, compresi i materiali per montare poi i soppalchi per le cuc-
cette, si provvedeva a Venezia.
Fu per un provvidenziale ritardo nelle operazioni di carico che la
nave salpò quattro ore più tardi dell’ora programmata e dunque, alle
11.30 del 29 agosto 1947: proprio mentre mollava gli ormeggi esplo-
deva a prua una mina subacquea. Il Pan Crescent si inclinò legger-
mente in avanti appoggiandosi sul fondale e riportando danni lievi a
un compartimento stagno, che si sarebbero potuti riparare tuttavia
solo in un bacino di carenaggio. Nei giorni precedenti erano giunte
minacce di sabotaggio e pochi giorni dopo Ada Sereni poté raccogliere
la confessione di un ufficiale arruolato nello stesso equipaggio del Pan
Crescent che per questo era stato assoldato dall’Intelligence Service e
si sentiva colpevole di aver messo a rischio la vita di molte persone; in
effetti se lo scoppio fosse avvenuto come programmato quando la nave
era fuori del porto, essa sarebbe stata irrecuperabile e le conseguenze
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)