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70 Marco Zanetti
potevano essere ben gravi. Secondo i servizi della Marina italiana, l’In-
telligence Service, per i sabotaggi, a Venezia come anche in un altro
caso a Genova, si era «verosimilmente [...] servito di personale specia-
lizzato della X Mas, attualmente al bando e disoccupato per motivi
d’epurazione» .
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Il giorno seguente, con le pompe di bordo e grazie a una prima ri-
parazione di fortuna, si poté condurre la nave nell’unico bacino di ca-
renaggio rimasto in efficienza nell’Arsenale di Venezia. Un altro paio
di giorni, e il quotidiano locale dava finalmente notizia del fatto: pur
registrando la possibilità che si fosse trattato di una mina magnetica
vagante, dava anche notizia di una rivendicazione dell’attentato giunta
all’Associated Press di Roma da parte di sedicenti «difensori della Pa-
lestina araba» . Due giorni dopo, un altro articolo confermava questa
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ipotesi aggiungendo qualche informazione probabilmente ben confe-
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zionata dai servizi inglesi: la nave era giunta da Sfax (Tunisia) con un
carico di concimi chimici, ed era rimasta in cantiere per un mese per
effettuare lavori al sistema di aereazione delle stive, e sarebbe dovuta
tornare in quel paese per imbarcare fosfati, ma secondo altre voci era
invece diretta al Mar Nero, per imbarcare in un porto sovietico degli
ebrei diretti in Palestina.
Mentre sulle indagini vi era il massimo riserbo, la nave fu veloce-
mente riparata ma gli inglesi cercarono di impedire che lasciasse Ve-
nezia, tanto che la Capitaneria di Porto rifiutò il permesso di salpare.
L’ufficiale americano dovette allora bluffare: affermò risolutamente che
il suo armatore non intendeva correre il rischio di un altro sabotaggio
e che aveva i mezzi per pagare i costi del bacino per tutto il tempo che
voleva. Le autorità italiane erano ormai a conoscenza di come era an-
dato il sabotaggio: nelle note riservate tra Stato Maggiore della Marina
e Ministro della Difesa esso veniva attribuito a un «ufficio speciale
38 Corrispondenza conservata nell’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri,
cit. M.G. Enardu, L’immigrazione illegale ebraica verso la Palestina e la politica estera
italiana, 1945-1948, in «Storia delle Relazioni Internazionali», Leo S. Olschki, Firenze,
n. 1, 1986, p. 159.
39 Quotidiano «Il Gazzettino di Venezia» del 2 settembre 1947: An., Esplosione su un
piroscafo in un cantiere della Giudecca / Uno squarcio a prua provocato dalla scoppio di
una bomba. L’attentato sarebbe stato compiuto da “difensori della Palestina araba”. Altri
messaggi firmati allo stesso modo – riportava l’articolo ̶ erano già giunti all’Associated
Press: l’11 giugno con minacce di attentati contro migranti ebrei e poi, il 19 luglio, con
la rivendicazione dell’attentato che il giorno prima aveva portato all’affondamento nel
porto di Genova del «piccolo piroscafo Urisso, che si preparava a portare emigranti ebrei
in Palestina».
40 «Il Gazzettino di Venezia» del 4 settembre 1947: An., L’esplosione del “Pancrescent”
/ Gli Arabi vollero impedire il trasporto di Ebrei in Palestina.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Aprile 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)