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Vincenzo Feo e il suo cotonificio 349
che viene considerato, a ragione, il primo atto della legislazione sociale
in Italia , in forza del quale si vietava l’assunzione al lavoro dei fan-
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ciulli al di sotto dei nove anni, sempre previo accertamento di buona
costituzione fisica, e si imponeva altresì l’adempimento degli obblighi
scolastici. E, nel 1898, si istituiva l’assicurazione obbligatoria per gli
infortuni sul lavoro.
Ma è solo agli inizi del Novecento che importanti provvedimenti sfo-
ciavano in una vera e propria legislazione organica sul lavoro minorile
e femminile . La legge del 19 giugno 1902, infatti, portava il limite di
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assunzione al lavoro da nove a dodici anni e fissava la durata massima
di lavoro in undici ore giornaliere, mentre, riguardo alle donne, vietava
il lavoro notturno, seppure, per il momento, solo per le minorenni, e
regolamentava, altresì, il lavoro ante e post maternità. Essa sarebbe
dovuta entrare in vigore il 1° luglio 1903, quattro mesi dopo, cioè, la
pubblicazione del relativo regolamento applicativo emanato il 28 feb-
braio 1903, e nel contempo il Ministero provvedeva a emanare una
circolare nella quale si ammettevano deroghe all’applicazione del re-
golamento, sia pure in via transitoria o anche straordinaria. Il che
spingeva numerosi industriali a interloquire con lo stesso Ministero
prospettando necessità e problemi che, a loro avviso, sarebbero potuti
scaturire se non si fosse intervenuto almeno su alcuni articoli parti-
colarmente gravidi di conseguenze funeste in termini di costi, di pro-
duttività e di occupazione . In quest’occasione anche Vincenzo Feo
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non mancò di far sentire la sua voce.
Nel 1902 pubblicò una Lettera aperta a Sua Ecc. il Comm. Guido
Baccelli Ministro di Agricoltura e Commercio nella quale non si limitava
a manifestare apertamente alcune sue perplessità in merito a una sol-
lecita applicazione della stessa, ma avanzava anche alcune istanze, in
particolare, a due questioni che, come lui, inquietavano molti suoi col-
leghi. E cioè l’istruzione elementare inferiore obbligatoria per i fanciulli
scimento dei diritti del lavoro» (M. Abrate, Lavoro e lavoratori nell’Italia contemporanea,
F. Angeli, Milano, 1977, p. 25). Su questi temi vedi anche D. Bigazzi, Le permanenze del
paternalismo: le politiche sociali degli imprenditori italiani tra Ottocento e Novecento, in
M.L. Betri e D. Bigazzi (a cura di), Ricerche di storia in onore di Franco Della Peruta, vol.
II, Economia e società, F. Angeli, Milano, 1996, p. 40 e ss.
85 M.V. Ballestrero, La protezione concessa e l’eguaglianza negata: il lavoro femminile
nella legislazione italiana, in A. Groppi (a cura di), Il lavoro delle donne. Storia delle donne
in Italia, Laterza, Roma-Bari, 1996, p. 447.
86 Con risultati apprezzabilissimi, dal momento che l’incidenza del lavoro delle fan-
ciulle inizia proprio da questo periodo il suo trend discendente, passando dal 46,6%
(media nazionale) del 1881 al 43,1% del 1901 e, in Sicilia, dal 51,0% addirittura al
13,9% (G. Toniolo, G. Vecchi, Italian Children at Work 1881-1961, «Giornale degli Eco-
nomisti e Annali di Economia», 66, n. 3 (2007), tab. 3, p. 426).
87 S. Merli, Proletariato di fabbrica e capitalismo industriale. Il caso italiano: 1880-
1900, vol. I, La Nuova Italia, Firenze, 1972, pp. 355-356.
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Agosto 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)