Page 84 - sfogliabile 49
P. 84
350 Domenico Ventura
e le fanciulle minorenni e l’interruzione di un’ora e mezza del lavoro
88
notturno , che lo vedevano contrario non solo per il danno economico
89
derivante dall’aumento dell’incidenza degli impianti fissi sul costo del
prodotto, ma, soprattutto, per ragioni di “pubblica moralità” , non po-
90
tendo «lasciare liberi gli operai di ambo i sessi, nelle sale al buio, che
è causato dalla fermata della motrice» . Istanze che, non accolte, lo
91
avrebbero costretto – ed era questa una chiara minaccia – a operare
numerosi licenziamenti, dal momento che sarebbe stato difficile, se
non impossibile, reperire sul posto fanciulle in grado di leggere e scri-
vere , con immediate ripercussioni negative anche sull’attività dello
92
stabilimento:
L’art. 2 della legge dispone che non possono ammettersi al lavoro le donne
minorenni ed i fanciulli sino a 15 anni compiuti, i quali non abbiano frequen-
tato il corso elementare inferiore, ai sensi dell’art. 2 della legge 15 luglio
1877 93 . Mentre per i fanciulli che, alla data della promulgazione della legge,
manchino di tale requisito, è concesso un termine di tre anni per mettersi in
regola, l’art. 5 vieta nella maniera più recisa il lavoro notturno alle donne di
qualsiasi età, le quali non abbiano frequentato il corso elementare inferiore.
88 Nel 1895 su 2.975.910 fanciulli gli iscritti erano solo 1.670.092, il che significa
che oltre 800.000 eludevano completamente gli obblighi di legge, ed è del tutto com-
prensibile che ciò avvenga, sottolinea U. Tombesi, ove si consideri che, «data la scarsità
dei salari, i genitori, invece di mandare i loro figli a scuola, preferiscono rinchiuderli in
uno stabilimento in cui possono guadagnare qualche lira» (L’industria cotoniera italiana
cit., pp. 225-226).
89 Da molti osservatori giustamente accusato di essere «malsano e nocivo al fisico e
al morale», perché causa principale di decessi per tisi da un lato e, dall’altro, perché
rende «anormale all’operaio il consorzio civile e familiare» (ivi, pp. 211-213).
90 Quelle stesse ragioni sottolineate già dall’on. Antonino Di San Giuliano nel corso
di un suo intervento alla Camera a proposito della catanese Manifattura Tabacchi in
data 6 maggio 1884: «uomini e donne stanno insieme confusi; i vincoli della famiglia,
come è naturale, si rallentano, e ne nascono tutti quegli inconvenienti, i quali sono
oramai tanto conosciuti, che sono persino diventati luoghi comuni» (Atti Parlamentari,
Camera, Discussioni, XV legislatura, p. 7394).
91 Asct, Fondo Prefettura, s. I, Affari Generali, b. 482: Vincenzo Feo al Prefetto di
Catania, 28 giugno 1903.
92 Ancora in data 19 dicembre 1909 la ditta Feo fa sapere al Ministero che l’analfa-
betismo tra il personale disponibile locale sfiora il 90% (ivi, b. 382).
93 Di qui la sua intenzione, suggeritagli dallo stesso Collotti, di aprire una scuola
elementare inferiore per le sue giovani operaie, ma in modo tale che, per non creare
problemi alla vitale continuità del ciclo di produzione, quelle che «sono del turno not-
turno frequenteranno la scuola di giorno; viceversa quelle del turno diurno andranno a
scuola la sera» (G. Collotti, I Cavalieri del Lavoro cit., p. 371 nota). Non ci risulta però
che il Feo abbia effettivamente attivato una scuola, né, d’altra parte, che abbia dato
tangibili segni di quella solidarietà sociale (scuole, doti, “cure fraterne” e paghe alte) che
pure non era assente nella stessa Catania, come nell’impresa di liquirizia e di conserve
alimentari di Bernardo Fichera e nella Società Molino a vapore di S. Lucia (M. Bontem-
pelli, E. Trevisani, La Sicilia industriale commerciale e agricola cit., p. 255).
Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Agosto 2020
ISSN 1824-3010 (stampa) ISSN 1828-230X (online)